26/11/2019
Montecitorio, Sala della Regina

Presentazione del Referto in materia di informatica pubblica della Corte dei conti

Buongiorno a tutte e a tutti,

Saluto il Ministro Pisano, il Presidente della Corte dei conti, Angelo Buscema e gli altri autorevoli esponenti della Corte, nonché tutti gli altri relatori.

Il Referto sull'informatica pubblica che viene presentato oggi analizza lo stato di attuazione degli obiettivi di innovazione delle Pubbliche amministrazioni italiane. E per questo è un utile contributo all'azione politica e legislativa del Parlamento e del Governo.

Sono convinto infatti che gli elementi di conoscenza e valutazione che offre possano essere preziosi per elaborare scelte strategiche a lungo termine, scelte che permettano di progettare il futuro del nostro Paese.

Il referto ci consente dunque di fare il punto sull'azione pubblica in un settore cruciale.

In particolare, il documento ha il pregio di valutare gli interventi messi in campo dal legislatore - a partire dall'emanazione della prima stesura del Codice dell'Amministrazione Digitale nel 2005 - e gli effetti prodotti in questi anni. Indica, nel dettaglio, come ed in che misura le risorse stanziate per l'innovazione siano state utilizzate e quali siano stati i risultati raggiunti da parte delle Pubbliche amministrazioni.

Ci consente quindi non soltanto di comprendere se il denaro pubblico è stato speso in modo regolare ed efficace. Ma anche di valutare se l'attuale governance del settore è adeguata. E se la pubblica amministrazione, nelle sue varie articolazioni, ha saputo utilizzare le più moderne tecnologie in funzione dei compiti da soddisfare e sfruttare.

Inoltre il Referto individua i possibili margini di miglioramento, anche sulla scorta delle migliori pratiche esistenti e porta all'attenzione del Parlamento, del Governo e dell'opinione pubblica alcuni dati su cui vorrei soffermarmi.

Il primo riguarda il livello di innovazione nella Pubblica amministrazione italiana che resta ancora insoddisfacente. Il nostro Paese - ci dice la Corte dei Conti - si colloca, secondo tutti gli indici, tra gli ultimi in Europa per l'innovazione e la costruzione di un'Amministrazione digitale consolidata, con una velocità di crescita delle iniziative comunque inferiore a quella della media europea sui temi del digitale.

Nel 2019 risultiamo addirittura al 24° posto tra i Paesi europei.

Un secondo dato preoccupante attiene al disallineamento tra la disponibilità di servizi pubblici digitali e l'effettivo utilizzo dei servizi da parte dei cittadini. Esemplare è il caso riportato dal Referto sui servizi di sanità digitale: l'Italia con il 58 per cento è appena al di sotto della media Ue del 63 per cento, ma l'effettivo utilizzo dei servizi da parte dei cittadini per interagire con l'amministrazione è pari ad appena il 22 per cento, rispetto alla media Ue del 53 per cento.

In sintesi, il miglioramento della disponibilità dei servizi pubblici non basta di per sé ad assicurarne il pieno utilizzo da parte delle persone. E dunque il grave ritardo non è da ricondurre soltanto alla Pubblica amministrazione, ma anche alle difficoltà da parte dei cittadini-utenti.

Un terzo elemento molto importante rilevato dalla Corte risiede nel fatto che gli scarsi risultati sinora registrati nell'innovazione delle pubbliche amministrazioni italiane non risiedono nella scarsezza di risorse statali ed europee. Il problema è che queste risorse sono utilizzate in misura limitata e non sempre razionale.

Si tratta purtroppo di una questione che riguarda la gestione e l'utilizzo di consistenti stanziamenti nazionali ed europei, come quelli relativi ai fondi strutturali e di investimento dell'Unione.

Una questione che chiama in causa difetti strutturali dell'amministrazione pubblica, della politica e dell'intera società nel nostro Paese. Incapaci di elaborare progetti e di attuarli in modo rapido, efficace e al tempo stesso rigoroso.

Con specifico riferimento al settore oggetto del Referto, ricordo che la Commissione parlamentare d'inchiesta sulla digitalizzazione e l'innovazione nella Pubblica Amministrazione, che ha operato nella passata legislatura, ha rilevato che le Pubbliche amministrazioni non considerano l'innovazione strategica come prioritaria. La medesima Commissione ha poi denunciato evidenti problemi di coordinamento delle azioni in materia a livello nazionale, una scarsa capacità di controllo della qualità della spesa, sia in termini di risparmi, sia in termini di miglioramento della qualità dei servizi, e la mancanza di adeguate competenze interne alle amministrazioni in grado di assicurare un'efficace attuazione e presidio dei progetti.

Problemi tutti confermati dalla Corte dei Conti che denuncia anch'essa la frammentazione degli interventi, le duplicazioni, l'insufficiente integrazione dei servizi sviluppati.

Come possiamo superare queste criticità e dare una effettiva attuazione agli obiettivi di innovazione delle Pubbliche amministrazioni italiane?

Il Referto ci fornisce diverse proposte. Ne riporto solo una in questa sede che chiama direttamente in causa il Parlamento e il Governo, ben rappresentato dal Ministro Pisano: quella di un maggiore coordinamento delle varie Pubbliche amministrazioni, affinché le risorse disponibili vengano indirizzate nel modo migliore, in modalità sinergica e con obiettivi condivisi a livello centrale.

A questo scopo, secondo la Corte dei conti andrebbe anzitutto compiuta una riflessione sulla coesistenza di più attori di vertice nella strategia nazionale in materia: il nuovo Ministero per l'innovazione, il Dipartimento della funzione pubblica, il nuovo Dipartimento per la trasformazione digitale e l'Agenzia per l'Italia Digitale.

Sono convinto che questi temi debbano avere un rilievo centrale nell'azione politica e legislativa del Parlamento. E mi chiedo se non sia giunta l'ora di considerare - nel quadro di una più ampia riforma del Regolamento della Camera - l'istituzione una commissione permanente con competenza orizzontale sulle questioni dell'innovazione digitale.

Al di là della informatizzazione delle pubbliche amministrazioni, le nuove tecnologie offrono straordinarie potenzialità nella sfera dei rapporti fra cittadini e istituzioni, che riguardano le modalità stesse con cui si adottano le decisioni pubbliche e investono dunque le stesse forme della nostra democrazia.

Mi riferisco alle nuove prospettive di e-democracy che possono consentire il lancio di esperienze innovative di democrazia deliberativa centrate sulla partecipazione attiva ed informata dei cittadini alle decisioni pubbliche. Basti pensare ai "dibattiti pubblici" per la costruzione di grandi opere promossi in diversi Paesi europei in modo da giungere a decisioni condivise.

Mutuando queste esperienze sarebbe possibile dare un reale contenuto a quel 'diritto di partecipazione democratica elettronica' enunciato dall'articolo 9 del Codice dell'amministrazione digitale. In base ad esso lo Stato è chiamato, in particolare, a intervenire affinché, attraverso le nuove tecnologie, venga promossa una maggiore partecipazione dei cittadini, anche di quelli residenti all'estero, al processo democratico e per l'esercizio dei diritti politici e civili, sia individuali sia collettivi.

I Parlamenti di altri grandi paesi sono da tempo avviati su questa strada. Penso ad esempio alla House of Commons britannica, che ha lanciato con grandissimo successo l'esperienza delle petizioni online e nuove forme di consultazione dei cittadini nell'ambito delle attività istruttorie delle Commissioni parlamentari.

Ritengo che anche il Parlamento italiano debba promuovere senza esitazioni una innovazione profonda delle modalità tradizionali dell'operare e dell'interagire con i cittadini.

L'obiettivo finale è quello di impegnare le persone nella decisione pubblica, in modo costruttivo per tutti - istituzioni e cittadini - così da rafforzare il senso di comunità che deve unirci.

Vi ringrazio.