23/10/2018
Montecitorio, Sala Aldo Moro

Partecipazione al seminario ISIMM ‘Le autorità indipendenti: problemi e prospettive’

Buongiorno a tutti e a tutte.

Saluto e ringrazio il professore Zeno-Zencovich e l'Istituto per lo Studio dell'Innovazione per l'invito a partecipare al seminario odierno.

Saluto il Presidente della Commissione Affari Costituzionali, Giuseppe Brescia, e tutti gli altri relatori.

Sono molto felice di offrire il mio contributo a questa discussione sul ruolo e le funzioni delle Autorità indipendenti. È un'occasione importante per approfondire un tema di grandissima rilevanza per il corretto funzionamento del nostro sistema costituzionale, per la garanzia dei diritti e delle libertà fondamentali, così come per il buon funzionamento dell'economia e della società italiana.

In questo mio intervento introduttivo voglio soffermarmi brevemente su alcune questioni.

La prima - che chiama fortemente in causa il Parlamento in questa legislatura - attiene alla necessità di adottare, dopo almeno due decenni di discussione, un quadro legislativo comune ed organico in merito alla disciplina dei principali aspetti di funzionamento e di organizzazione delle diverse autorità.

È infatti innegabile che si sia assistito a una proliferazione di tali organismi al di fuori di un disegno unitario, attraverso una stratificazione di interventi che ne hanno disciplinato poteri, organizzazioni e prerogative in modo estremamente eterogeneo.

Nelle ultime due legislature sono state introdotte alcune regole unitarie per alcune autorità e misure volte a razionalizzare e ridurne i costi. Queste misure unitarie però hanno riguardato soltanto le procedure concorsuali per il reclutamento del personale delle autorità, la riduzione del trattamento economico accessorio del personale dipendente e della spesa per incarichi di consulenza, studio e ricerca, l'individuazione di criteri comuni ai quali le autorità devono attenersi nella gestione delle spese per gli immobili.

Occorre domandarsi se non sia giunta l'ora di una disciplina organica per i profili comuni a tutte le autorità indipendenti come le procedure per le candidature, i criteri e i requisiti di nomina, o le forme dell'autonomia.

Ciò non soltanto per collocare più coerentemente le autorità nel nostro quadro costituzionale e garantire il rispetto di principi minimi, ma anche per assicurare una regolamentazione più stabile e chiara che è fattore essenziale per la vita delle imprese e per l'attrazione degli investimenti.

Fatta questa premessa, vorrei passare alla seconda questione che riguarda le condizioni e i presupposti per assicurare la legittimazione delle autorità nel nostro sistema costituzionale nonché in quello europeo.

Nessuno mette in dubbio che la ragione dell'esistenza delle autorità indipendenti risieda nella necessità di assicurare - appunto attraverso organi dotati di autonomia e di indipendenza dall'indirizzo politico del Governo - la tutela di interessi pubblici o privati di rilevanza costituzionale in settori sensibili, oppure in settori caratterizzati da una elevata complessità e da una rapida evoluzione tecnica e tecnologica.

La legittimazione delle autorità presuppone dunque che esse esercitino in modo effettivamente neutrale e al tempo stesso efficiente ed efficace le loro funzioni. Si tratta in altri termini di una legittimazione che si realizza soprattutto a valle, in base al risultato, non essendo questi organismi dotati di legittimazione democratica diretta ma di una legittimazione "di secondo grado" tratta dal potere legislativo.

Ciò impone - lo ribadisco - che le autorità siano dotate, nella loro composizione, nella loro organizzazione, nel loro modo di funzionamento, di una piena ed effettiva indipendenza e di una elevata competenza tecnica.

Requisiti che evidentemente devono essere posseduti non soltanto dalla struttura amministrativa di ciascuna autorità ma anche e soprattutto dall'organo collegiale che ne assume le decisioni a rilevanza esterna.

A tale proposito, le controversie e le polemiche che si sono a più riprese registrate, anche in tempi recenti, sembrano indicare la necessità di rivedere le discipline in vigore per rafforzare il requisito dell'indipendenza per la nomina delle varie autorità.

Valutazione che peraltro è stata ribadita in più occasioni anche dal Parlamento quando si è occupato organicamente, nelle ultime legislature, delle autorità indipendenti, soprattutto nell'ambito di apposite indagini conoscitive. Uno dei pochi punti su cui si è sempre registrata un'ampia convergenza o unanimità attiene alla necessità di garantire in modo più compiuto l'indipendenza sia all'atto della nomina sia nel corso di esercizio del mandato.

A questo scopo è stata evidenziata nei documenti conclusivi delle indagini, per un verso, l'opportunità di rivedere le procedure di nomina, in modo da accrescerne la trasparenza, la disciplina delle incompatibilità e dei conflitti di interesse; per altro verso, il rapporto fortissimo tra indipendenza dell'autorità e qualità tecnica dei suoi componenti e quindi il tema dei requisiti e dei criteri di scelta dei medesimi.

Mi voglio soffermare su questo secondo aspetto. Credo sia necessario che per la nomina dei componenti di tutte le autorità sia previsto non tanto il generico requisito della "notoria indipendenza" - che si presta a interpretazioni molto differenziate - ma la previsione di regole più puntuali e stringenti, in particolare il non aver ricoperto cariche governative, politiche elettive e partitiche in un congruo numero di anni precedenti la nomina. Allo stesso modo devono essere previsti requisiti puntuali di onorabilità, per esempio non trovarsi in stato di interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici o non aver riportato condanne penali.

Non meno importante è la previsione di requisiti di professionalità, competenza ed esperienza generali e specifici per l'ambito di azione di ciascuna autorità. Come accennavo sopra, la qualità tecnica dei suoi componenti è condizione necessaria per l'indipendenza, l'autorevolezza e l'efficacia dell'intervento di tali organismi e dunque per la loro legittimazione.

Un altro aspetto che non posso fare a meno di citare riguarda le maggioranze previste per l'elezione parlamentare di organi di garanzia. Non ho mai pensato che maggioranze qualificate siano di per sé una condizione sufficiente ad assicurare che i vertici degli organi di garanzia siano effettivamente indipendenti dalla maggioranza. È però un fatto che nel nostro ordinamento sia mancato un adeguamento delle maggioranze necessarie per l'elezione dei componenti di organi di garanzia al susseguirsi di leggi elettorali di tipo maggioritario.

Quelli che ho rapidamente indicato sono criteri e correttivi necessari per contribuire alla nomina di soggetti pienamente "indipendenti", ma dobbiamo essere consapevoli che l'indipendenza è qualcosa che solo in parte può derivare dalle norme, e che ha molto più a che fare con la nostra coscienza, con quella cultura dell'indipendenza che dovrebbe essere sempre più radicata in coloro che sono chiamati a ricoprire ruoli di garanzia.

Rispetto alle procedure di nomina ritengo inoltre essenziale come regola generale inderogabile quella di un avviso di sollecitazione pubblica, che consenta a chiunque ritenga di essere in possesso delle competenze e dei requisiti richiesti di proporre la candidatura. Ed è il percorso che assieme alla Presidente Casellati abbiamo seguito per l'individuazione del vertice dell'Antitrust, e che ora intendiamo estendere alle altre nomine di garanzia che la legge attribuisce ai Presidenti delle Camere.

Una volta presentate le candidature, l'Istituzione che ha il potere di nomina dovrebbe operare una verifica del possesso di tutti i requisiti di legge e procedere alla designazione dei candidati - o, questa è una mia personale convinzione - di rose di candidati.

In questo percorso di trasparenza un ruolo decisivo può essere svolto dalle commissioni parlamentari competenti, chiamate a verificare, attraverso audizioni rigorose, l'effettivo possesso da parte dei candidati designati dei requisiti di indipendenza e competenza, sul modello per esempio della procedura prevista presso il Parlamento europeo per la nomina dei commissari europei.

Una terza questione su cui voglio soffermarmi riguarda i poteri regolamentari delle autorità che investono in misura crescente settori di grandissima importanza e delicatezza, come la finanza, l'energia e le comunicazioni.

Certamente essi rispondono a diversi fattori di ordine economico e giuridico: l'inarrestabile processo di innovazione tecnologica, che spesso fa apparire il Parlamento poco tempestivo e la fonte legislativa poco adeguata al dettaglio tecnico della materia; il quadro normativo europeo in cui s'inserisce l'attività di molte autorità indipendenti, per cui esse possono anche essere considerate parti di "reti europee", se non di "reti globali" che concorrono all'adozione di norme secondarie o di soft legislation.

Al tempo stesso però non è possibile attribuire alle autorità ampi poteri normativi che arrivino al punto di stabilire l'assetto strategico e il livello di tutela degli interessi pubblici in gioco in ciascun settore, la cui definizione è - e deve rimanere - riservata al Legislatore.

In questa prospettiva, è dunque essenziale la fissazione da parte del Parlamento di principi generali che disciplinino l'ambito di esercizio, gli obiettivi e soprattutto le garanzie procedurali dei poteri regolamentari delle autorità.

Mi riferisco anzitutto alla necessità che esse assicurino nella predisposizione delle norme di propria competenza la più ampia e trasparente consultazione di tutte le parti interessate. Come all'esigenza di assicurare una motivazione rafforzata delle delibere e di effettuare sistematicamente analisi di impatto ex ante ed ex post della regolamentazione adottata.

Sono certo che su questi ed altri importanti temi il dibattito odierno potrà offrire un contributo qualificato che potrà essere acquisito quando - come auspico - le Camere decideranno di valutare un intervento legislativo in materia.

Vi ringrazio.