Indirizzo di saluto al convegno 'Mafie e libere professioni. Come riconoscere e contrastare l'area grigia'
Buongiorno a tutti e a tutte,
Saluto il Professor Gaetano Manfredi, Presidente della Conferenza dei rettori italiani e rettore dell'Università Federico II di Napoli, e gli altri relatori.
Considero di grande rilevanza, sul piano politico, economico e sociale, il tema oggetto del convegno odierno.
Il fenomeno della compromissione con le mafie delle professioni liberali è infatti uno degli aspetti più preoccupanti e insidiosi dell'evoluzione della criminalità organizzata nel nostro Paese e non solo.
Le mafie cercano in misura crescente di stabilire rapporti di collusione e complicità con quell' "area grigia" composta da imprenditori, politici, funzionari pubblici e, appunto professionisti.
Hanno bisogno di specifiche competenze tecniche per attività di riciclaggio, per la stesura di perizie infedeli, per la partecipazione ad appalti pubblici, per ogni altra forma di consulenza legale o contabile volta a eludere la legge.
Al tempo stesso, si stanno sviluppando organizzazioni criminali composte di «colletti bianchi», inclusi professionisti, che collaborano con quelle mafiose per conseguire obiettivi comuni o per avvalersi dei loro servizi di protezione e di intermediazione.
Le libere professioni in questi casi diventano un "ponte" tra l'economia lecita e quella mafiosa e viceversa. Questo purtroppo testimoniano numerose inchieste giudiziarie che hanno investito appartenenti agli ordini professionali.
La Corte di cassazione ha individuato una formula efficace per descrivere il fenomeno: si tratta di una vera e propria "borghesia mafiosa", composta di personaggi insospettabili che, pur non essendo necessariamente inseriti nella struttura criminale, avvantaggiano con le loro specifiche competenze professionali la mafia e ne facilitano la penetrazione nella società civile e nel sistema economico.
Questa "area grigia" inquina così in modo spesso silenzioso - e quindi tanto più pericoloso - ampi settori della vita del nostro Paese.
È dunque molto importante che questi fenomeni - pericolosi e complessi - siano oggetto di massima attenzione da parte del Parlamento.
Nella scorsa legislatura la Commissione parlamentare antimafia ha svolto un approfondimento sul tema, costituendo al suo interno un apposito Comitato «Infiltrazioni nell'economia legale: mafie, impresa e professioni».
Per farlo si è avvalsa del contributo dell'Università; in particolare ha stipulato con la Conferenza dei rettori delle università italiane, un Protocollo d'intesa sulla lotta ai poteri mafiosi. In questo quadro che ha sostenuto un apposito progetto di ricerca con la Federico II di Napoli sul tema dell'area grigia e del ruolo degli ordini e collegi professionali. Ulteriori progetti sono stati avviati peraltro su temi connessi con altre università italiane.
Considero di grande significato il Protocollo e i progetti avviati: ho sottolineato in più occasioni che la collaborazione tra le Istituzioni e l'Università, a tutti i livelli, costituisce un presupposto decisivo affinché le decisioni assunte siano fondate su una adeguata basa informativa. E che conseguentemente il Parlamento - se intende essere una istituzione culturale, in grado di definire una visione lungimirante di Paese - deve dialogare con il mondo accademico e in generale della ricerca.
Anche avvalendosi di questa collaborazione con l'Università, la Commissione antimafia ha evidenziato fortissime criticità che rendono problematica un'efficace azione di prevenzione e repressione del fenomeno della compromissione delle libere professioni con le mafie.
La prima risiede nell'assoluta carenza di informazioni sul tema. Manca infatti una raccolta sistematica di dati che consenta di sapere quanti professionisti siano coinvolti in reati di mafia, quale sia lo stato del procedimento penale e disciplinare, quali provvedimenti siano stati adottati in esito agli stessi.
Il secondo aspetto critico attiene alla scarsa tipizzazione nella disciplina penale e in quella deontologica delle condotte dei professionisti agevolative delle mafie.
Per punire più efficacemente la zona grigia si potrebbero valutare pertanto le opportune modifiche normative.
Una terza questione riguarda il rapporto tra procedimento penale e disciplinare degli ordini professionali: l'attivazione del primo comporta di norma la sospensione del secondo sino alla pronuncia della sentenza definitiva che di solito interviene a molta distanza dal momento in cui viene scoperta la condotta criminosa.
Ne consegue che, in attesa della sentenza penale irrevocabile di condanna, il professionista di cui si accerta il coinvolgimento in gravi reati può continuare a esercitare l'attività professionale, con una evidente perdita di credibilità delle istituzioni.
In quarto luogo, la Commissione antimafia ha richiamato gli ordini e i collegi professionali a utilizzare in modo più rigoroso gli strumenti a loro disposizione e sviluppare una migliore formazione sui profili etici e deontologici alla quale può certamente contribuire l'università.
Sono certo che anche in questa legislatura la Commissione antimafia continuerà a monitorare con attenzione questi fenomeni e saprà proporre alle Camere tutti gli interventi necessari.
Per sradicare questa piaga occorre che la cultura della legalità sia posta al centro dell'azione, politica, amministrativa economica e sociale. Occorre eliminare alla radice i fattori che favoriscono o fanno tollerare la compromissione con le mafie.
Il Parlamento sta facendo la propria parte, come dimostrato dalla approvazione della legge n. 3 del 2019, il cosiddetto Spazzacorrotti, e della proposta di legge sul delitto di voto di scambio politico mafioso, attualmente all'esame del Senato in seconda lettura.
Come ho detto in più occasioni, la mafia non si combatte solo attraverso la necessaria e preziosa azione investigativa e giudiziaria; occorrono anche e soprattutto politiche volte a eliminare il retroterra di degrado ed emarginazione in cui trova alimento la criminalità organizzata.
Per questo occorre promuovere uno sviluppo durevole e sostenibile, contrastando le diseguaglianze sociali e lottando contro le pratiche collusive e le tante forme di corruzione e di illegalità diffusa.
Dobbiamo tutti unire le nostre forze per costruire un futuro dove non vi sia più spazio per le dinamiche mafiose che umiliano i cittadini e per le logiche di sopraffazione, nemiche della democrazia.
Sono certo che lo stesso mondo delle professioni saprà rafforzare gli anticorpi al proprio interno, respingendo senza esitazione ogni forma di corruzione e malaffare.
Indirizzo di saluto al convegno 'Mafie e libere professioni. Come riconoscere e contrastare l'area grigia'
Buongiorno a tutti e a tutte,
Saluto il Professor Gaetano Manfredi, Presidente della Conferenza dei rettori italiani e rettore dell'Università Federico II di Napoli, e gli altri relatori.
Considero di grande rilevanza, sul piano politico, economico e sociale, il tema oggetto del convegno odierno.
Il fenomeno della compromissione con le mafie delle professioni liberali è infatti uno degli aspetti più preoccupanti e insidiosi dell'evoluzione della criminalità organizzata nel nostro Paese e non solo.
Le mafie cercano in misura crescente di stabilire rapporti di collusione e complicità con quell' "area grigia" composta da imprenditori, politici, funzionari pubblici e, appunto professionisti.
Hanno bisogno di specifiche competenze tecniche per attività di riciclaggio, per la stesura di perizie infedeli, per la partecipazione ad appalti pubblici, per ogni altra forma di consulenza legale o contabile volta a eludere la legge.
Al tempo stesso, si stanno sviluppando organizzazioni criminali composte di «colletti bianchi», inclusi professionisti, che collaborano con quelle mafiose per conseguire obiettivi comuni o per avvalersi dei loro servizi di protezione e di intermediazione.
Le libere professioni in questi casi diventano un "ponte" tra l'economia lecita e quella mafiosa e viceversa. Questo purtroppo testimoniano numerose inchieste giudiziarie che hanno investito appartenenti agli ordini professionali.
La Corte di cassazione ha individuato una formula efficace per descrivere il fenomeno: si tratta di una vera e propria "borghesia mafiosa", composta di personaggi insospettabili che, pur non essendo necessariamente inseriti nella struttura criminale, avvantaggiano con le loro specifiche competenze professionali la mafia e ne facilitano la penetrazione nella società civile e nel sistema economico.
Questa "area grigia" inquina così in modo spesso silenzioso - e quindi tanto più pericoloso - ampi settori della vita del nostro Paese.
È dunque molto importante che questi fenomeni - pericolosi e complessi - siano oggetto di massima attenzione da parte del Parlamento.
Nella scorsa legislatura la Commissione parlamentare antimafia ha svolto un approfondimento sul tema, costituendo al suo interno un apposito Comitato «Infiltrazioni nell'economia legale: mafie, impresa e professioni».
Per farlo si è avvalsa del contributo dell'Università; in particolare ha stipulato con la Conferenza dei rettori delle università italiane, un Protocollo d'intesa sulla lotta ai poteri mafiosi. In questo quadro che ha sostenuto un apposito progetto di ricerca con la Federico II di Napoli sul tema dell'area grigia e del ruolo degli ordini e collegi professionali. Ulteriori progetti sono stati avviati peraltro su temi connessi con altre università italiane.
Considero di grande significato il Protocollo e i progetti avviati: ho sottolineato in più occasioni che la collaborazione tra le Istituzioni e l'Università, a tutti i livelli, costituisce un presupposto decisivo affinché le decisioni assunte siano fondate su una adeguata basa informativa. E che conseguentemente il Parlamento - se intende essere una istituzione culturale, in grado di definire una visione lungimirante di Paese - deve dialogare con il mondo accademico e in generale della ricerca.
Anche avvalendosi di questa collaborazione con l'Università, la Commissione antimafia ha evidenziato fortissime criticità che rendono problematica un'efficace azione di prevenzione e repressione del fenomeno della compromissione delle libere professioni con le mafie.
La prima risiede nell'assoluta carenza di informazioni sul tema. Manca infatti una raccolta sistematica di dati che consenta di sapere quanti professionisti siano coinvolti in reati di mafia, quale sia lo stato del procedimento penale e disciplinare, quali provvedimenti siano stati adottati in esito agli stessi.
Il secondo aspetto critico attiene alla scarsa tipizzazione nella disciplina penale e in quella deontologica delle condotte dei professionisti agevolative delle mafie.
Per punire più efficacemente la zona grigia si potrebbero valutare pertanto le opportune modifiche normative.
Una terza questione riguarda il rapporto tra procedimento penale e disciplinare degli ordini professionali: l'attivazione del primo comporta di norma la sospensione del secondo sino alla pronuncia della sentenza definitiva che di solito interviene a molta distanza dal momento in cui viene scoperta la condotta criminosa.
Ne consegue che, in attesa della sentenza penale irrevocabile di condanna, il professionista di cui si accerta il coinvolgimento in gravi reati può continuare a esercitare l'attività professionale, con una evidente perdita di credibilità delle istituzioni.
In quarto luogo, la Commissione antimafia ha richiamato gli ordini e i collegi professionali a utilizzare in modo più rigoroso gli strumenti a loro disposizione e sviluppare una migliore formazione sui profili etici e deontologici alla quale può certamente contribuire l'università.
Sono certo che anche in questa legislatura la Commissione antimafia continuerà a monitorare con attenzione questi fenomeni e saprà proporre alle Camere tutti gli interventi necessari.
Per sradicare questa piaga occorre che la cultura della legalità sia posta al centro dell'azione, politica, amministrativa economica e sociale. Occorre eliminare alla radice i fattori che favoriscono o fanno tollerare la compromissione con le mafie.
Il Parlamento sta facendo la propria parte, come dimostrato dalla approvazione della legge n. 3 del 2019, il cosiddetto Spazzacorrotti, e della proposta di legge sul delitto di voto di scambio politico mafioso, attualmente all'esame del Senato in seconda lettura.
Come ho detto in più occasioni, la mafia non si combatte solo attraverso la necessaria e preziosa azione investigativa e giudiziaria; occorrono anche e soprattutto politiche volte a eliminare il retroterra di degrado ed emarginazione in cui trova alimento la criminalità organizzata.
Per questo occorre promuovere uno sviluppo durevole e sostenibile, contrastando le diseguaglianze sociali e lottando contro le pratiche collusive e le tante forme di corruzione e di illegalità diffusa.
Dobbiamo tutti unire le nostre forze per costruire un futuro dove non vi sia più spazio per le dinamiche mafiose che umiliano i cittadini e per le logiche di sopraffazione, nemiche della democrazia.
Sono certo che lo stesso mondo delle professioni saprà rafforzare gli anticorpi al proprio interno, respingendo senza esitazione ogni forma di corruzione e malaffare.
Vi ringrazio.