Camera dei deputati, Aula del Palazzo dei gruppi parlamentari
Partecipazione a SocialCom19
Buongiorno a tutti e a tutte.
Vi do il benvenuto qui a Montecitorio e saluto tutti i partecipanti a questa preziosa giornata di approfondimento dedicata alla comunicazione ai tempi dei social, organizzata da SocialCom.
Non può esistere tema di maggiore attualità in quello che è un settore cruciale per una democrazia, per il confronto pubblico e per la libertà di espressione.
Ragionare su cosa sia la comunicazione oggi - in un'epoca di grandi e rapidissime trasformazioni in questo come in altri ambiti - è particolarmente interessante. Ci permette di guardarci allo specchio, ci permette di capire chi siamo e verso quale strada ci stiamo muovendo, come società nel suo insieme.
Nel mondo dei media l'evoluzione tecnologica ha portato con sé significanti novità che si sono imposte nel nostro quotidiano in un percorso di progressiva integrazione. La carta stampata prima, poi la radio, la televisione. Infine, negli ultimi decenni, il web: cambiamenti che hanno comportato l'evoluzione del modo di informare, di essere informati, di comunicare, di dibattere. Evoluzioni che hanno inciso sulla struttura stessa della società, hanno mutato i costumi, la politica, l'offerta culturale. Hanno influito nel modo in cui le persone possono partecipare alla vita pubblica. Ed hanno inciso profondamente anche sul sistema economico e finanziario, creando in particolare nuovi servizi e incidendo sulle scelte di consumo e di investimento.
A che punto siamo adesso? Gli interventi di oggi - sono certo - offriranno molti spunti e tentativi di risposte a interrogativi non facili e molto aperti.
Tutti noi - chi più, chi meno - utilizziamo i social network per le più svariate esigenze. Oggi siamo alla Camera e sappiamo tutti quanto la rete e queste piattaforme siano usate dal mondo politico. Ed è su questo che vorrei brevemente soffermarmi.
Il primo dato, infatti, che vorrei evidenziare rispetto al tema della comunicazione politica è l'incredibile velocità con cui i flussi di informazioni si muovono. Informazioni - e non notizie, tengo a sottolineare - che tendono a occupare in maniera rapida lo spazio di discussione a partire dall'intervento di un singolo soggetto, spesso dello stesso politico. Da qui si propagano e scatenano dibattito.
Si tratta di un meccanismo che ha mutato, da un lato, il rapporto con la stampa e, dall'altro, quello con le persone creando un filo diretto con queste. Sono dunque cambiati i tempi della comunicazione, l'approccio, e questo significa non solo usufruire di questa mole di informazioni in modo diverso ma anche ragionare sulle stesse in maniera differente.
Siamo davanti ormai a una comunicazione istantanea, che spesso può essere fragile ma che ha un enorme potere di penetrazione.
La rete ha una potenzialità straordinaria. E per questo è un mezzo che deve essere impiegato con grande responsabilità. Perché ricercare il consenso non può tradursi unicamente in un'ansia propagandistica che può disinformare e confondere. Anzi, svilisce proprio lo strumento del social che invece può essere molto valido per la diffusione di informazioni, opinioni, progetti.
Trasformare ogni commento in slogan vuoti, assecondare la sola logica di accumulo di like, mettere in secondo piano ciò che è vero rispetto a ciò che è utile: sono atteggiamenti che porteranno alla perdita totale di credibilità di chi li compie. È una questione di tempo. Seguendo questo tracciato non sarà solamente il singolo politico a perdere credibilità. Sarà tutta la politica.
E a seguire le istituzioni.
E se la politica perde forza, autorevolezza e credibilità sarà sempre meno capace di ascoltare e dare risposte. E così risolvere i problemi.
Per questo spesso ripeto che oggi più che mai è necessario anteporre alla parola comunicazione la parola etica. Significa porre maggiore attenzione al linguaggio che usiamo: il linguaggio nelle piazze fisiche, il linguaggio nelle piazze virtuali, il linguaggio in Parlamento. È una questione di rispetto nei confronti dell'altro, base del vivere civile. Una questione che si amplifica nel caso della politica e di chi ricopre incarichi pubblici.
Esiste la possibilità di raccontare quello che si fa senza vivere di eccessive semplificazioni. E si deve lavorare per dare gli strumenti alle persone per comprendere ciò che hanno davanti.
Uno slogan violento smetterà di essere efficace se quelli che sono i suoi destinatari saranno capaci di comprendere ciò che c'è dietro. E qui ci sono due fronti su cui lavorare: alfabetizzazione digitale e istruzione.
L'obiettivo della scuola deve essere quello di fornire gli strumenti a tutti per decifrare un messaggio, per comprendere quale obiettivo si pone e perché viene veicolato, per comprendere cosa è stato il nostro passato e la nostra storia, per utilizzare le parole.
Rispetto all'uso del web si aggiunge un altro elemento: ci sono milioni di italiani che non sono nativi digitali. E che quindi non sempre hanno la possibilità di comprendere il grado di autorevolezza e veridicità di un contenuto diffuso in rete. O meglio dei molteplici contenuti diffusi in rete che recano narrazioni a volte fortemente contrastanti di uno stesso fatto. Anche qui esiste una responsabilità "pubblica" politica e culturale. Ma esiste allo stesso modo una responsabilità individuale e privata innegabile.
Lavorare su cultura, istruzione e alfabetizzazione digitale non è solo opportuno ma è necessario per costruire una società più consapevole, libera e capace di crescere, affrontando con coscienza le sfide del futuro.
La rete ha eccezionali possibilità. Sapete tutti che nel percorso che ho intrapreso da qualche anno a questa parte il web ha avuto un ruolo fondamentale. E sono certo che potrà sempre di più supportare i cittadini nel contribuire - consapevolmente - alle decisioni pubbliche. Ma servono responsabilità, lungimiranza e serietà nell'approccio.
Se saremo capaci di far questo sarà più semplice invocare una comunicazione etica, seria, onesta. Una comunicazione capace di fornire alle persone elementi per decidere. Una comunicazione utile allo sviluppo della società.
Partecipazione a SocialCom19
Buongiorno a tutti e a tutte.
Vi do il benvenuto qui a Montecitorio e saluto tutti i partecipanti a questa preziosa giornata di approfondimento dedicata alla comunicazione ai tempi dei social, organizzata da SocialCom.
Non può esistere tema di maggiore attualità in quello che è un settore cruciale per una democrazia, per il confronto pubblico e per la libertà di espressione.
Ragionare su cosa sia la comunicazione oggi - in un'epoca di grandi e rapidissime trasformazioni in questo come in altri ambiti - è particolarmente interessante. Ci permette di guardarci allo specchio, ci permette di capire chi siamo e verso quale strada ci stiamo muovendo, come società nel suo insieme.
Nel mondo dei media l'evoluzione tecnologica ha portato con sé significanti novità che si sono imposte nel nostro quotidiano in un percorso di progressiva integrazione. La carta stampata prima, poi la radio, la televisione. Infine, negli ultimi decenni, il web: cambiamenti che hanno comportato l'evoluzione del modo di informare, di essere informati, di comunicare, di dibattere. Evoluzioni che hanno inciso sulla struttura stessa della società, hanno mutato i costumi, la politica, l'offerta culturale. Hanno influito nel modo in cui le persone possono partecipare alla vita pubblica. Ed hanno inciso profondamente anche sul sistema economico e finanziario, creando in particolare nuovi servizi e incidendo sulle scelte di consumo e di investimento.
A che punto siamo adesso? Gli interventi di oggi - sono certo - offriranno molti spunti e tentativi di risposte a interrogativi non facili e molto aperti.
Tutti noi - chi più, chi meno - utilizziamo i social network per le più svariate esigenze. Oggi siamo alla Camera e sappiamo tutti quanto la rete e queste piattaforme siano usate dal mondo politico. Ed è su questo che vorrei brevemente soffermarmi.
Il primo dato, infatti, che vorrei evidenziare rispetto al tema della comunicazione politica è l'incredibile velocità con cui i flussi di informazioni si muovono. Informazioni - e non notizie, tengo a sottolineare - che tendono a occupare in maniera rapida lo spazio di discussione a partire dall'intervento di un singolo soggetto, spesso dello stesso politico. Da qui si propagano e scatenano dibattito.
Si tratta di un meccanismo che ha mutato, da un lato, il rapporto con la stampa e, dall'altro, quello con le persone creando un filo diretto con queste. Sono dunque cambiati i tempi della comunicazione, l'approccio, e questo significa non solo usufruire di questa mole di informazioni in modo diverso ma anche ragionare sulle stesse in maniera differente.
Siamo davanti ormai a una comunicazione istantanea, che spesso può essere fragile ma che ha un enorme potere di penetrazione.
La rete ha una potenzialità straordinaria. E per questo è un mezzo che deve essere impiegato con grande responsabilità. Perché ricercare il consenso non può tradursi unicamente in un'ansia propagandistica che può disinformare e confondere. Anzi, svilisce proprio lo strumento del social che invece può essere molto valido per la diffusione di informazioni, opinioni, progetti.
Trasformare ogni commento in slogan vuoti, assecondare la sola logica di accumulo di like, mettere in secondo piano ciò che è vero rispetto a ciò che è utile: sono atteggiamenti che porteranno alla perdita totale di credibilità di chi li compie. È una questione di tempo. Seguendo questo tracciato non sarà solamente il singolo politico a perdere credibilità. Sarà tutta la politica.
E a seguire le istituzioni.
E se la politica perde forza, autorevolezza e credibilità sarà sempre meno capace di ascoltare e dare risposte. E così risolvere i problemi.
Per questo spesso ripeto che oggi più che mai è necessario anteporre alla parola comunicazione la parola etica. Significa porre maggiore attenzione al linguaggio che usiamo: il linguaggio nelle piazze fisiche, il linguaggio nelle piazze virtuali, il linguaggio in Parlamento. È una questione di rispetto nei confronti dell'altro, base del vivere civile. Una questione che si amplifica nel caso della politica e di chi ricopre incarichi pubblici.
Esiste la possibilità di raccontare quello che si fa senza vivere di eccessive semplificazioni. E si deve lavorare per dare gli strumenti alle persone per comprendere ciò che hanno davanti.
Uno slogan violento smetterà di essere efficace se quelli che sono i suoi destinatari saranno capaci di comprendere ciò che c'è dietro. E qui ci sono due fronti su cui lavorare: alfabetizzazione digitale e istruzione.
L'obiettivo della scuola deve essere quello di fornire gli strumenti a tutti per decifrare un messaggio, per comprendere quale obiettivo si pone e perché viene veicolato, per comprendere cosa è stato il nostro passato e la nostra storia, per utilizzare le parole.
Rispetto all'uso del web si aggiunge un altro elemento: ci sono milioni di italiani che non sono nativi digitali. E che quindi non sempre hanno la possibilità di comprendere il grado di autorevolezza e veridicità di un contenuto diffuso in rete. O meglio dei molteplici contenuti diffusi in rete che recano narrazioni a volte fortemente contrastanti di uno stesso fatto. Anche qui esiste una responsabilità "pubblica" politica e culturale. Ma esiste allo stesso modo una responsabilità individuale e privata innegabile.
Lavorare su cultura, istruzione e alfabetizzazione digitale non è solo opportuno ma è necessario per costruire una società più consapevole, libera e capace di crescere, affrontando con coscienza le sfide del futuro.
La rete ha eccezionali possibilità. Sapete tutti che nel percorso che ho intrapreso da qualche anno a questa parte il web ha avuto un ruolo fondamentale. E sono certo che potrà sempre di più supportare i cittadini nel contribuire - consapevolmente - alle decisioni pubbliche. Ma servono responsabilità, lungimiranza e serietà nell'approccio.
Se saremo capaci di far questo sarà più semplice invocare una comunicazione etica, seria, onesta. Una comunicazione capace di fornire alle persone elementi per decidere. Una comunicazione utile allo sviluppo della società.
Vi ringrazio.