Partecipazione alla presentazione del Rapporto annuale 2018 dell’Istat (Istituto Nazionale di Statistica)
Buongiorno a tutte e a tutti.
Saluto e ringrazio il Presidente Giorgio Alleva, la Vicepresidente del Senato Paola Taverna e tutti i presenti.
È con grande piacere che, per la prima volta, introduco la presentazione del Rapporto annuale dell'Istat, che è divenuta un appuntamento fondamentale per fare il punto sullo stato e sulle prospettive della nostra situazione economica e sociale.
Il rapporto, infatti, come negli anni precedenti, non offre soltanto un ritratto approfondito e aggiornato del Paese ma contiene preziose chiavi di lettura delle principali dinamiche che investono il nostro futuro. Costituisce dunque una base di conoscenza imprescindibile per l'azione del Parlamento e del Governo - e, più in generale, di tutti gli attori che concorrono a formare e ad attuare le politiche pubbliche - nonché per un dibattito vivo ed efficace.
Quest'anno, il rapporto sembra assumere un rilievo ancora più significativo. Siamo infatti nella fase di avvio di una nuova legislatura e sono in corso le procedure che potrebbero portare alla formazione di un nuovo Governo. In questo contesto le analisi dell'ISTAT costituiscono strumenti indispensabili per individuare le strategie di intervento idonee a dare risposta alle aspettative dei cittadini e alle grandi sfide che il nostro Paese deve affrontare.
In questa prospettiva considero anzitutto molto apprezzabile la focalizzazione del rapporto annuale sulle reti, formali e informali, generate dall'interazione dei diversi soggetti - persone, imprese, istituzioni, associazioni - che compongono il tessuto sociale ed economico italiano. Questo metodo consente infatti di cogliere gli effetti che la partecipazione a reti, familiari, associative, amicali, ha sul vivere quotidiano di cittadini e imprese. E di apprezzare inoltre il ruolo delle reti pubbliche e private di servizi.
Quello della rete è un concetto che ho sempre ritenuto fondamentale nelle dinamiche sociali e nei rapporti tra i cittadini e tra le persone. Da solo l'individuo può poco: credo che sia nel confronto con gli altri e nell'agire in sinergia con realtà diverse che possono prodursi i risultati migliori per le persone e la società. E infatti sono significativi i due dati di fondo che emergono da questa analisi. Il primo risiede nel fatto che, quando sono presenti, le reti producono effetti positivi, soprattutto per chi ne fa parte; quando vengono a mancare, producono disparità e diseguaglianze.
Il secondo è che le reti di servizi sociali, dal punto di vista della spesa, registrano una persistente cesura fra Centro-nord e Mezzogiorno e uno svantaggio per i comuni più piccoli.
Sono dati che impongono alla politica e alle istituzioni di interrogarsi sugli effetti della riduzione delle risorse destinate ai comuni a fronte dei bisogni e alla potenziale domanda assistenziale dei cittadini.
I comuni sono fondamentali e indispensabili per la vita di tutti i cittadini. Sono la prima interfaccia e forniscono i servizi per le persone. Nei comuni c'è la prima e vera interazione fra cittadini e istituzioni; ed è proprio lì che bisogna agire per far vivere meglio le persone.
Quanto alla situazione economica il rapporto annuale ci restituisce un quadro complesso.
Secondo l'ISTAT nel 2017 la crescita dell'economia italiana è stata accompagnata da un aumento della diseguaglianza e della povertà assoluta che già registravano livelli allarmanti. Su questo dato occorre riflettere con grande responsabilità.
Si evidenzia poi nel Mezzogiorno un incremento del PIL più sostenuto di quello medio nazionale ma si dà atto che ciò non ha compensato gli effetti della recessione che aveva colpito l'economia meridionale in misura più intensa ed elevata che nel resto del Paese.
Analogamente, a livello occupazionale il Mezzogiorno resta distante dai livelli del 2008, prima dello scoppio della crisi. E va sottolineato come l'incremento dell'occupazione si concentri nelle professioni qualificate e tecniche mentre è nullo per i lavori meno qualificati. A conferma, aggiungo, che il nostro Paese non può competere sugli scenari globali puntando sulla riduzione dei salari e delle garanzie per i lavoratori, ma sull'innovazione e quindi sulla qualità di prodotti e servizi.
Cresce anche l'occupazione femminile ma resta ancora lontana dal livello di quella maschile. Inoltre l'Italia rimane il paese europeo con le maggiori differenze di genere nel tempo dedicato al lavoro familiare: le donne vi dedicano quasi tre ore più degli uomini. Un dato che è solo in parte spiegato dalla bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro e che chiama in causa la capacità del Legislatore di porre in essere misure in grado di conciliare effettivamente il lavoro e la vitafamiliare, dai servizi per l'infanzia alla disciplina dei congedi parentali.
Oggetto di attenzione sono infine, i dati del rapporto sugli andamenti demografici: si certifica che il nostro Paese dal 2015 è entrato in una fase di declino demografico: l'Italia è oramai il secondo paese più vecchio al mondo dopo il Giappone.
Credo in conclusione che una lettura complessiva di questi dati - di cui ci parlerà più diffusamente il Presidente Alleva - dimostri, per un verso, che il nostro Paese ha avuto la capacità di reagire alla crisi economica sebbene molto resti ancora da fare per creare sviluppo e occupazione sostenibili e durature. Le misure che saranno approntate non devono lasciare indietro i territori e le categorie più fragili della popolazione. Il Mezzogiorno, in particolare, si conferma una questione prioritaria per l'azione di politica e istituzioni. Occorre lavorare affinché si annullino le diseguaglianze per preservare la coesione sociale del Paese.
Soltanto uno sviluppo equilibrato ed inclusivo, che utilizzi tutto il potenziale di crescita inespresso, può rilanciare in modo stabile il benessere della nostra comunità.
È questo, a mio avviso, sarà il compito principale del Parlamento e del prossimo Governo in questa legislatura.
Partecipazione alla presentazione del Rapporto annuale 2018 dell’Istat (Istituto Nazionale di Statistica)
Buongiorno a tutte e a tutti.
Saluto e ringrazio il Presidente Giorgio Alleva, la Vicepresidente del Senato Paola Taverna e tutti i presenti.
È con grande piacere che, per la prima volta, introduco la presentazione del Rapporto annuale dell'Istat, che è divenuta un appuntamento fondamentale per fare il punto sullo stato e sulle prospettive della nostra situazione economica e sociale.
Il rapporto, infatti, come negli anni precedenti, non offre soltanto un ritratto approfondito e aggiornato del Paese ma contiene preziose chiavi di lettura delle principali dinamiche che investono il nostro futuro. Costituisce dunque una base di conoscenza imprescindibile per l'azione del Parlamento e del Governo - e, più in generale, di tutti gli attori che concorrono a formare e ad attuare le politiche pubbliche - nonché per un dibattito vivo ed efficace.
Quest'anno, il rapporto sembra assumere un rilievo ancora più significativo. Siamo infatti nella fase di avvio di una nuova legislatura e sono in corso le procedure che potrebbero portare alla formazione di un nuovo Governo. In questo contesto le analisi dell'ISTAT costituiscono strumenti indispensabili per individuare le strategie di intervento idonee a dare risposta alle aspettative dei cittadini e alle grandi sfide che il nostro Paese deve affrontare.
In questa prospettiva considero anzitutto molto apprezzabile la focalizzazione del rapporto annuale sulle reti, formali e informali, generate dall'interazione dei diversi soggetti - persone, imprese, istituzioni, associazioni - che compongono il tessuto sociale ed economico italiano. Questo metodo consente infatti di cogliere gli effetti che la partecipazione a reti, familiari, associative, amicali, ha sul vivere quotidiano di cittadini e imprese. E di apprezzare inoltre il ruolo delle reti pubbliche e private di servizi.
Quello della rete è un concetto che ho sempre ritenuto fondamentale nelle dinamiche sociali e nei rapporti tra i cittadini e tra le persone. Da solo l'individuo può poco: credo che sia nel confronto con gli altri e nell'agire in sinergia con realtà diverse che possono prodursi i risultati migliori per le persone e la società. E infatti sono significativi i due dati di fondo che emergono da questa analisi. Il primo risiede nel fatto che, quando sono presenti, le reti producono effetti positivi, soprattutto per chi ne fa parte; quando vengono a mancare, producono disparità e diseguaglianze.
Il secondo è che le reti di servizi sociali, dal punto di vista della spesa, registrano una persistente cesura fra Centro-nord e Mezzogiorno e uno svantaggio per i comuni più piccoli.
Sono dati che impongono alla politica e alle istituzioni di interrogarsi sugli effetti della riduzione delle risorse destinate ai comuni a fronte dei bisogni e alla potenziale domanda assistenziale dei cittadini.
I comuni sono fondamentali e indispensabili per la vita di tutti i cittadini. Sono la prima interfaccia e forniscono i servizi per le persone. Nei comuni c'è la prima e vera interazione fra cittadini e istituzioni; ed è proprio lì che bisogna agire per far vivere meglio le persone.
Quanto alla situazione economica il rapporto annuale ci restituisce un quadro complesso.
Secondo l'ISTAT nel 2017 la crescita dell'economia italiana è stata accompagnata da un aumento della diseguaglianza e della povertà assoluta che già registravano livelli allarmanti. Su questo dato occorre riflettere con grande responsabilità.
Si evidenzia poi nel Mezzogiorno un incremento del PIL più sostenuto di quello medio nazionale ma si dà atto che ciò non ha compensato gli effetti della recessione che aveva colpito l'economia meridionale in misura più intensa ed elevata che nel resto del Paese.
Analogamente, a livello occupazionale il Mezzogiorno resta distante dai livelli del 2008, prima dello scoppio della crisi. E va sottolineato come l'incremento dell'occupazione si concentri nelle professioni qualificate e tecniche mentre è nullo per i lavori meno qualificati. A conferma, aggiungo, che il nostro Paese non può competere sugli scenari globali puntando sulla riduzione dei salari e delle garanzie per i lavoratori, ma sull'innovazione e quindi sulla qualità di prodotti e servizi.
Cresce anche l'occupazione femminile ma resta ancora lontana dal livello di quella maschile. Inoltre l'Italia rimane il paese europeo con le maggiori differenze di genere nel tempo dedicato al lavoro familiare: le donne vi dedicano quasi tre ore più degli uomini. Un dato che è solo in parte spiegato dalla bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro e che chiama in causa la capacità del Legislatore di porre in essere misure in grado di conciliare effettivamente il lavoro e la vitafamiliare, dai servizi per l'infanzia alla disciplina dei congedi parentali.
Oggetto di attenzione sono infine, i dati del rapporto sugli andamenti demografici: si certifica che il nostro Paese dal 2015 è entrato in una fase di declino demografico: l'Italia è oramai il secondo paese più vecchio al mondo dopo il Giappone.
Credo in conclusione che una lettura complessiva di questi dati - di cui ci parlerà più diffusamente il Presidente Alleva - dimostri, per un verso, che il nostro Paese ha avuto la capacità di reagire alla crisi economica sebbene molto resti ancora da fare per creare sviluppo e occupazione sostenibili e durature. Le misure che saranno approntate non devono lasciare indietro i territori e le categorie più fragili della popolazione. Il Mezzogiorno, in particolare, si conferma una questione prioritaria per l'azione di politica e istituzioni. Occorre lavorare affinché si annullino le diseguaglianze per preservare la coesione sociale del Paese.
Soltanto uno sviluppo equilibrato ed inclusivo, che utilizzi tutto il potenziale di crescita inespresso, può rilanciare in modo stabile il benessere della nostra comunità.
È questo, a mio avviso, sarà il compito principale del Parlamento e del prossimo Governo in questa legislatura.
Grazie.