25/01/2019
Camera dei deputati, Aula del Palazzo dei Gruppi parlamentari

Saluto introduttivo al convegno 'Trasmettere ed insegnare la Shoah è impossibile?

Buongiorno a tutte e a tutti.

Vi ringrazio per essere presenti a questo evento che intende celebrare il "Giorno della Memoria, in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti", istituito dal Parlamento nel 2000, per ricordare ogni anno quanto avvenne il 27 gennaio del 1945: l'abbattimento dei cancelli di Auschwitz.

Saluto il Ministro Marco Bussetti, il sottosegretario Giancarlo Giorgetti e la Presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane Noemi Di Segni, che ringrazio vivamente per aver promosso l'evento odierno.

Saluto i numerosi studenti presenti oggi.

Un saluto ed un ringraziamento particolare intendo rivolgerlo a Gilberto Salmoni, sopravvissuto al campo di concentramento di Buchenwald, che potrà offrirci il racconto diretto, e perciò inestimabile, di come gli internati venivano trattati. Dobbiamo essere profondamente riconoscenti a Gilberto e agli altri che hanno avuto e hanno il coraggio e la lucidità di rievocare la loro terribile esperienza, tenendo viva la memoria dell'orrore della Shoah nelle generazioni più giovani.

Sono pertanto molto contento che quest'anno l'evento ospitato dalla Camera, in occasione del Giorno della Memoria, sia dedicato alla didattica della Shoah con la presentazione del sito "Scuola e Memoria" e quindi agli studenti.

Ascolteremo con estremo interesse i relatori che ci illustreranno in dettaglio queste iniziative.

Non c'è infatti modo migliore per trasmettere la memoria ed evitare gli errori del passato che assicurarne un'adeguata e approfondita conoscenza a voi giovani.

La memoria non costituisce soltanto un dovere verso le vittime e i sopravvissuti. È un imperativo morale e civile, reso urgente anzitutto dal fatto che, settantaquattro anni dopo l'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, permangono preoccupanti focolai di antisemitismo e molti ebrei nell'Unione Europa percepiscono rischi per la propria sicurezza, giungendo addirittura alla decisione di abbandonarla.

Comprendere la Shoah significa anzitutto ascoltare il racconto diretto, sconvolgente e inestimabile, di chi come Gilberto Salmoni è sopravvissuto all'inferno dei campi.

Significa acquisire coscienza del fatto che la Shoah - come ha osservato il Presidente Mattarella - "per la sua micidiale combinazione di delirio razzista, volontà di sterminio, pianificazione burocratica, efficienza criminale, resta unica nella storia d'Europa". Un piano criminale di cui fu vittima il popolo ebraico unitamente a Rom, Sinti, disabili, omosessuali che non rispondevano ai canoni di purezza della razza, così come gli internati militari e gli oppositori del regime.

Significa essere consapevoli che anche in Italia il regime fascista fu complice dello sterminio. Nel 1938 furono approvate e applicate le leggi razziali e dopo l'8 settembre del 1943 la Repubblica di Salò e le milizie fasciste collaborarono attivamente alla schedatura, alla cattura, alla concentrazione nei campi di lavoro e alla deportazione degli ebrei italiani - nostri concittadini - verso i campi della morte.

A questo riguardo, voglio ricordare un caso esemplare legato al luogo in cui ci troviamo oggi: quello di Carlo Finzi, direttore del Servizio Resoconti e degli studi legislativi della Camera. Nel 1936, addirittura due anni prima dell'adozione delle leggi razziali, fu costretto al pensionamento dal regime fascista e il 16 ottobre del 1943 fu catturato e deportato ad Auschwitz-Birkenau dove fu mandato immediatamente alla morte.

Insegnare la Shoah significa anche ribadire che la Repubblica e la sua Costituzione nascono dalla Resistenza e dall'antifascismo. E sull'affermazione di principi e valori fondamentali volti ad impedire che quanto avvenuto in quegli anni possa ripetersi.

Significa sapere che la libertà, l'eguaglianza, la giustizia non sono acquisite per sempre e vanno difese e promosse ogni giorno affinché le nostre società riaffermino i valori del dialogo, del rispetto reciproco, della pari dignità di tutte le loro componenti.

Significa, come previsto dalla stessa legge istitutiva del "Giorno della Memoria", rendere omaggio ai "Giusti", a quelle persone che, anche nel nostro Paese, aiutarono tanti ebrei a salvarsi, a rischio e in certi casi a costo della loro stessa vita.

Ma non si può insegnare ai giovani la Shoah se tutti noi nel nostro ambito, istituzionale e non istituzionale, non ci impegniamo a contrastare chi - dagli stadi di calcio al web - alimenta l'odio antisemita e, in generale ogni altra forma di odio e discriminazione basata sulla etnia, sulla religione, sull'orientamento sessuale e sull'appartenenza a particolari gruppi sociali. Se tutti noi non reagiamo ad ogni forma di negazionismo, inclusa quella di chi sminuisce la portata delle leggi razziali o il ruolo del regime fascista nell'Olocausto.

Voglio stigmatizzare un episodio accaduto in questi giorni per ricordare che l'utilizzo di falsi storici antisemiti ha già fatto danni considerevoli al popolo ebraico nella nostra storia. E per questo va condannato con forza e vigore. E io lo condanno con forza e vigore.

Mi avvio alle conclusioni.

Il Parlamento negli ultimi anni ha fatto passi importanti. Ricordo, in particolare, l'approvazione nel 2016 della legge che introduce un'aggravante per reati previsti dalla legge Mancino quando questi si fondano in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra.

E sottolineo che nella scorsa legislatura sono stati desecretati e messi a disposizione del pubblico, attraverso il sito dell'Archivio storico della Camera, moltissimi documenti, occultati per decenni nel cosiddetto "Armadio della vergogna" ed acquisiti dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle stragi nazifasciste in Italia.

Avverto in modo stringente, come Presidente della Camera, la responsabilità di dare una risposta alle domande che Elie Wiesel, anche lui superstite dei campi di sterminio e premio Nobel per la pace, pose intervenendo, proprio in occasione del Giorno della Memoria, nell'aula di Montecitorio il 27 gennaio 2010: "I testimoni hanno parlato e poco o niente è cambiato nel mondo. Il mondo si è rifiutato di sentire, di ascoltare, si è rifiutato di imparare, altrimenti come possiamo comprendere la Cambogia, il Ruanda, la Bosnia, il Darfur, come possiamo comprendere l'antisemitismo oggi? Se Auschwitz non ha guarito il mondo dall'antisemitismo, cosa potrà farlo?".

Sono fiducioso che, accogliendo l'invocazione di Elie Wiesel, il mondo grazie a voi ragazzi saprà cambiare e prevenire nuove deportazioni, nuovi massacri, nuove pulizie etniche.

"Memoria" non è solo una parola, è un esercizio, un impegno che ci vede tutti coinvolti, come cittadini e come comunità.

Grazie.