Saluto introduttivo al convegno 'Eluana 10 anni dopo: ricordare la testimonianza, rilanciare il messaggio'
Buongiorno a tutte e a tutti.
Per prima cosa voglio salutare Beppino Englaro. Lo ringrazio per la "battaglia" che da anni conduce con coraggio e perseveranza.
Grazie per l'invito al Presidente della Consulta di Bioetica, Maurizio Mori. Saluto tutti i relatori che prenderanno la parola in questa giornata di prezioso dibattito.
Sono molto contento di partecipare a questa iniziativa anzitutto perché ci ricorda che dieci anni fa - il 9 febbraio 2009 - moriva Eluana Englaro, dopo 17 anni trascorsi in stato vegetativo permanente.
La sua morte, il dolore dei suoi cari, la lunga vicenda giudiziaria non sono stati tuttavia vani. Hanno avuto il merito di ravvivare, nelle istituzioni e nell'opinione pubblica, il dibattito sulla questione del "fine vita" e, più in generale, sui rapporti tra la legge e le libertà individuali; dibattito che già si era sviluppato per il caso di Piergiorgio Welby e, più recentemente, di Massimiliano Fanelli e Fabiano Antoniani.
Tengo anche a ricordare che proprio il 20 febbraio di tredici anni fa moriva a 38 anni Luca Coscioni, le cui battaglie hanno lasciato un'impronta significativa nel nostro Paese.
Torno quindi all'inverno del 2009. Credo che tutti ricordiamo la commozione e le polemiche dei giorni in cui scomparve Eluana. E devo purtroppo rammentare che emerse in quel frangente con evidenza che il Parlamento aveva troppo a lungo rinunciato a dare una risposta sul tema del fine vita.
Aveva evitato di trovare una sintesi tra i diversi interessi costituzionali in gioco e tra tutte le diverse posizioni di ordine etico, religioso e sociale.
Aveva in sostanza risposto alla indubbia complessità della questione decidendo di non scegliere, lasciando così soli gli ammalati, le loro famiglie, gli operatori del settore sanitario. E demandando così di fatto agli organi giurisdizionali di definire, caso per caso, le soluzioni e sciogliere i conflitti a fronte di un quadro normativo incerto.
Si trattò di una omissione di intervento inaccettabile per una Istituzione, come il Parlamento, che è investita dalla Costituzione del compito di legiferare per dare appunto tutela agli interessi e ai valori riconosciuti dalla Carta stessa.
Una omissione alla quale purtroppo - dieci anni dopo - è stato posto rimedio solo in parte. L'approvazione, sul finire della passata Legislatura, della Legge sul Biotestamento ha costituito il tentativo di dare una prima risposta ad alcune delle questioni connesse al "fine vita".
Ma anche dopo l'adozione di questo provvedimento è rimasta nell'ordinamento una grave lacuna. Lo ha evidenziato in modo chiaro e inequivocabile l'ordinanza con cui, nello scorso mese di ottobre, la Corte costituzionale ha rinviato di un anno la decisione sulla costituzionalità dell'articolo 580 del Codice penale, relativo all'istigazione o aiuto al suicidio.
La Consulta- come sappiamo - era chiamata a pronunciarsi nell'ambito del processo a Marco Cappato per la vicenda della morte di DJ Fabo; con l'ordinanza ha statuito la necessità di valutare con attenzione le "ipotesi nelle quali l'assistenza di terzi nel porre fine alla sua vita può presentarsi al malato come l'unica via d'uscita per sottrarsi, nel rispetto del proprio concetto di dignità della persona, a un mantenimento artificiale in vita non più voluto e che egli ha il diritto di rifiutare".
Alla luce dei valori così alti che sono in gioco, la Corte ha in qualche modo "innovato se stessa", giungendo a un nuovo tipo di decisione: rinviare il giudizio a una data fissa, il 24 settembre 2019, per dare al legislatore il tempo di svolgere ogni opportuna riflessione e iniziativa al riguardo, «in uno spirito di leale e dialettica collaborazione istituzionale».
Come ho già avuto modo di affermare, il Parlamento ha di fronte a sé una grande opportunità, un'occasione preziosa di affrontare nuovamente il tema dell'eutanasia, valutando le possibili soluzioni con attenzione e sensibilità.
In coerenza con il mio ruolo istituzionale, ritengo che questa sollecitazione non possa essere in alcun modo lasciata senza adeguata, compiuta e tempestiva risposta dalle Camere.
Confido dunque che il recente avvio dell'esame della proposta di legge di iniziativa popolare relativa al rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell'eutanasia, presso le commissioni riunite Giustizia e Affari sociali della Camera, possa costituire l'occasione per un intervento organico su questi temi, nel solco tracciato dalla Corte costituzionale.
Abbiamo il compito di intervenire per restituire dignità e centralità al Parlamentosu questioni delicate, su cui sono indispensabili approfondimento e confronto. E abbiamo il dovere di fornire risposte vere e alte alle persone che hanno attraversato momenti difficili come Beppino Englaro. E a quelle che li attraverseranno.
Saluto introduttivo al convegno 'Eluana 10 anni dopo: ricordare la testimonianza, rilanciare il messaggio'
Buongiorno a tutte e a tutti.
Per prima cosa voglio salutare Beppino Englaro. Lo ringrazio per la "battaglia" che da anni conduce con coraggio e perseveranza.
Grazie per l'invito al Presidente della Consulta di Bioetica, Maurizio Mori. Saluto tutti i relatori che prenderanno la parola in questa giornata di prezioso dibattito.
Sono molto contento di partecipare a questa iniziativa anzitutto perché ci ricorda che dieci anni fa - il 9 febbraio 2009 - moriva Eluana Englaro, dopo 17 anni trascorsi in stato vegetativo permanente.
La sua morte, il dolore dei suoi cari, la lunga vicenda giudiziaria non sono stati tuttavia vani. Hanno avuto il merito di ravvivare, nelle istituzioni e nell'opinione pubblica, il dibattito sulla questione del "fine vita" e, più in generale, sui rapporti tra la legge e le libertà individuali; dibattito che già si era sviluppato per il caso di Piergiorgio Welby e, più recentemente, di Massimiliano Fanelli e Fabiano Antoniani.
Tengo anche a ricordare che proprio il 20 febbraio di tredici anni fa moriva a 38 anni Luca Coscioni, le cui battaglie hanno lasciato un'impronta significativa nel nostro Paese.
Torno quindi all'inverno del 2009. Credo che tutti ricordiamo la commozione e le polemiche dei giorni in cui scomparve Eluana. E devo purtroppo rammentare che emerse in quel frangente con evidenza che il Parlamento aveva troppo a lungo rinunciato a dare una risposta sul tema del fine vita.
Aveva evitato di trovare una sintesi tra i diversi interessi costituzionali in gioco e tra tutte le diverse posizioni di ordine etico, religioso e sociale.
Aveva in sostanza risposto alla indubbia complessità della questione decidendo di non scegliere, lasciando così soli gli ammalati, le loro famiglie, gli operatori del settore sanitario. E demandando così di fatto agli organi giurisdizionali di definire, caso per caso, le soluzioni e sciogliere i conflitti a fronte di un quadro normativo incerto.
Si trattò di una omissione di intervento inaccettabile per una Istituzione, come il Parlamento, che è investita dalla Costituzione del compito di legiferare per dare appunto tutela agli interessi e ai valori riconosciuti dalla Carta stessa.
Una omissione alla quale purtroppo - dieci anni dopo - è stato posto rimedio solo in parte. L'approvazione, sul finire della passata Legislatura, della Legge sul Biotestamento ha costituito il tentativo di dare una prima risposta ad alcune delle questioni connesse al "fine vita".
Ma anche dopo l'adozione di questo provvedimento è rimasta nell'ordinamento una grave lacuna. Lo ha evidenziato in modo chiaro e inequivocabile l'ordinanza con cui, nello scorso mese di ottobre, la Corte costituzionale ha rinviato di un anno la decisione sulla costituzionalità dell'articolo 580 del Codice penale, relativo all'istigazione o aiuto al suicidio.
La Consulta - come sappiamo - era chiamata a pronunciarsi nell'ambito del processo a Marco Cappato per la vicenda della morte di DJ Fabo; con l'ordinanza ha statuito la necessità di valutare con attenzione le "ipotesi nelle quali l'assistenza di terzi nel porre fine alla sua vita può presentarsi al malato come l'unica via d'uscita per sottrarsi, nel rispetto del proprio concetto di dignità della persona, a un mantenimento artificiale in vita non più voluto e che egli ha il diritto di rifiutare".
Alla luce dei valori così alti che sono in gioco, la Corte ha in qualche modo "innovato se stessa", giungendo a un nuovo tipo di decisione: rinviare il giudizio a una data fissa, il 24 settembre 2019, per dare al legislatore il tempo di svolgere ogni opportuna riflessione e iniziativa al riguardo, «in uno spirito di leale e dialettica collaborazione istituzionale».
Come ho già avuto modo di affermare, il Parlamento ha di fronte a sé una grande opportunità, un'occasione preziosa di affrontare nuovamente il tema dell'eutanasia, valutando le possibili soluzioni con attenzione e sensibilità.
In coerenza con il mio ruolo istituzionale, ritengo che questa sollecitazione non possa essere in alcun modo lasciata senza adeguata, compiuta e tempestiva risposta dalle Camere.
Confido dunque che il recente avvio dell'esame della proposta di legge di iniziativa popolare relativa al rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell'eutanasia, presso le commissioni riunite Giustizia e Affari sociali della Camera, possa costituire l'occasione per un intervento organico su questi temi, nel solco tracciato dalla Corte costituzionale.
Abbiamo il compito di intervenire per restituire dignità e centralità al Parlamento su questioni delicate, su cui sono indispensabili approfondimento e confronto. E abbiamo il dovere di fornire risposte vere e alte alle persone che hanno attraversato momenti difficili come Beppino Englaro. E a quelle che li attraverseranno.
Abbiamo una responsabilità.