22/02/2019
Aula di Montecitorio

Saluto introduttivo all’incontro con i sindaci italiani sul tema ‘Lo Stato dei beni Comuni’

Buongiorno a tutte e a tutti.

Saluto il Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte, il Presidente dell'ANCI Antonio Decaro, e i colleghi parlamentari.

Rivolgo un sincero benvenuto ai Sindaci presenti oggi così numerosi nell'Aula di Montecitorio, nonché ai Presidenti dei Consigli comunali che, per la prima volta quest'anno, prendono parte all'evento.

È ormai dal 2014 un appuntamento imprescindibile e atteso l'incontro qui alla Camera con i primi cittadini di tutta Italia.

Ascoltare le vostre testimonianze e le vostre esigenze è essenziale per costruire un confronto non rituale tra il Parlamento e i Comuni su temi concreti.

I comuni sono l'avamposto delle istituzioni sul territorio. Sono gli enti locali a cui i cittadini si rivolgono in prima istanza per chiedere l'erogazione dei servizi essenziali e il soddisfacimento dei bisogni primari.

La capacità dei sindaci e dei consigli comunali di rispondere alle richieste della popolazione è dunque decisiva affinché i cittadini abbiano fiducia nelle istituzioni.

Si tratta di un compito delicato e difficile, reso ancor più gravoso negli ultimi anni dalla riduzione delle risorse umane e finanziarie a vostra disposizione. Credo che tutti dobbiamo esservi riconoscenti per l'impegno e la passione con cui ogni giorno governate i vostri territori.

Nonostante le tante difficoltà è infatti nei comuni che sono spesso sperimentate alcune tra le soluzioni più originali e più efficaci per migliorare la qualità della vita dei cittadini e promuovere al tempo stesso un ambiente favorevole alle imprese. Penso, ad esempio, ad alcune esperienze positive nell'ambito della mobilità sostenibile, del trattamento dei rifiuti, della rigenerazione degli spazi pubblici.

Incontrarvi, dibattere con voi è dunque fondamentale per conoscere lo stato del Paese, per ascoltare le voci dei territori e per consentire al Parlamento di meglio definire le proprie linee di intervento in settori specifici.

Ho proposto quest'anno di incentrare il nostro incontro sulla questione dei beni comuni perché presenta una forte importanza ed è quanto mai attuale. Ma anche perché è centrale nella vita della comunità.

Come sapete non esiste nella normativa vigente una definizione e un regime giuridico specifico di questi beni che tuttavia, nel dibattito pubblico e scientifico, sono identificati come quelli finalizzati all'esercizio di diritti fondamentali, all'erogazione di servizi essenziali nonché al libero sviluppo della persona.

La discussione in materia ha riacquistato negli ultimi anni un particolare rilievo.

E questo per ragioni giuridiche innanzitutto. Come sapete, infatti, tali beni soffrono nella gran parte dei casi di una situazione altamente critica, per problemi di scarsità e di depauperamento, e quindi richiedono una specifica garanzia normativa. Il regime dei beni pubblici, in particolare quello dei beni demaniali, non sembra più in grado di tutelarne fino in fondo il senso e la finalità stessa.

Ma la vivacità del dibattito intorno ai "beni comuni" si deve anche a tutti quei movimenti di cittadini che attraverso campagne pubbliche hanno acceso i riflettori sulla salvaguardia di questi beni, sulla loro gestione che deve essere operata nell'interesse generale. Ricorderete tutti la mobilitazione che si sviluppò intorno al referendum per l'acqua pubblica. Tema, quest'ultimo, che è oggetto proprio in questi mesi di apposite proposte legislative all'esame della Commissione ambiente della Camera.

C'è infine da considerare l'esigenza di attuare fino in fondo l'articolo 42 della Costituzione che, nel riconoscere che la proprietà è pubblica o privata, ne demanda alla legge i modi di acquisto e godimento nonché la fissazione dei relativi limiti "allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti".

In coerenza con tale disposizione, la individuazione di una autonoma categoria di beni comuni - distinti da quelli pubblici e privati - potrebbe consentire anzitutto di meglio perseguire il principio di solidarietà sancito dall'articolo 2 della Costituzione, da intendersi anche e soprattutto quale obbligo di gestire e conservare tali beni nell'interesse delle generazioni future.

Allo stesso modo, i beni comuni potrebbero essere strumenti fondamentali per realizzare il compito - che l'articolo 3 della Costituzione assegna alla Repubblica - di rimuovere quegli «ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

E certamente la definizione di un regime dei beni comuni potrebbe rafforzare la tutela del paesaggio, del "patrimonio storico e artistico della Nazione", dell'ambiente e delle risorse naturali, prevista dall'articolo 9 della nostra Carta.

Non possiamo tuttavia ignorare le tante e complesse implicazioni che possono derivare dall'introduzione di questa nuova categoria.

Una base importante di riflessione è costituita dalla relazione predisposta nel 2008 da una apposita Commissione sui beni pubblici che operò presso il Ministero della giustizia sotto la Presidenza di uno straordinario studioso e uomo delle istituzioni come Stefano Rodotà.

Le conclusioni di quei lavori sono state trasfuse in proposte di legge presentate nelle due legislature precedenti ma che non hanno tuttavia avuto seguito.

Sono state però sempre un punto di riferimento e un supporto significativo alle argomentazioni di quei movimenti, associazioni, enti locali, cittadini che hanno animato in questi anni, in vari ambiti, la battaglia per il riconoscimento e la tutela dei beni comuni.

Credo che sia giunto ora il momento per riportare all'attenzione del Parlamento la necessità di un dibattito sullo statuto dei beni comuni e sulla valorizzazione e la tutela dei beni pubblici da parte delle amministrazioni competenti.

Il vostro contributo è a questo scopo essenziale. Sono infatti i Comuni ad aver posto in essere importanti esperienze di gestione virtuosa di beni funzionali "all'esercizio di diritti fondamentali, all'erogazione di servizi essenziali nonché al libero sviluppo della persona".

E sono i comuni che hanno competenza a stabilire le modalità di gestione e distribuzione di beni come le risorse idriche.

Lascio dunque la parola ai sindaci.