08/04/2019
Austria, Vienna, Wiener Konzerthaus

Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell’Unione Europea. Relazione del Presidente Fico nell’ambito della sessione ‘L’Unione europea e i suoi vicini’

Presidenti Sobotka e Appé, cari colleghi,

desidero anzitutto ringraziare le due Camere del Parlamento austriaco per la perfetta organizzazione della Conferenza.

La politica di vicinato è cruciale per dare soluzione ad alcune delle grandi sfide globali che l'Europa deve fronteggiare: dai flussi migratori alle questioni energetiche e climatiche; dalla lotta al terrorismo e alla criminalità transnazionale alla competitività della nostra economia; dalla stabilità e sicurezza, interna ed esterna, all'affermazione della democrazia e dello Stato di diritto.

Sfide la cui scala rende strutturalmente inadeguata l'azione dei singoli Stati e richiede una risposta consapevolmente comune.

Pertanto nel rapporto con i Paesi vicini - come in generale nella sua azione esterna - l'Unione dovrebbe essere capace di mantenere una posizione unitaria e coerente. E di far valere i suoi valori e principi fondamentali.

Dobbiamo riconoscere che ciò è avvenuto sinora in modo insufficiente, come evidenziano drammaticamente soprattutto i rapporti con la sponda sud del Mediterraneo nella gestione dei flussi migratori, nella stabilizzazione delle aree di conflitto, e più in generale su tutte le questioni relative al rispetto dei diritti umani e alla transizione democratica dei vicini meridionali.

A tale proposito ribadisco la necessità che l'Europa tutta sia unita nel rifiutare qualsiasi soluzione armata e riaffermi con forza il suo sostegno a una ricomposizione del quadro politico libico fra tutte le parti coinvolte, attraverso il dialogo favorito dalle Nazioni Unite.

L'Unione ha fatto a lungo da spettatrice rispetto alle questioni che concernono la sponda sud del Mediterraneo, delegando di fatto singoli Stati o gruppi di Stati membri.

Il caso più clamoroso è quello dell'immigrazione in merito alla quale - cari colleghi - le contrapposizioni tra gli Stati con e senza frontiere esterne hanno sinora prevalso rispetto alla esigenza di una risposta strutturale.

Si è così posta un'enfasi eccessiva sui cosiddetti movimenti secondari, dedicando minore attenzione ai movimenti primari che riguardano gli Stati di frontiera esterna come l'Italia. E sono rimasti inattuati i principi di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità previsti dall'articolo 80 del Trattato su funzionamento dell'Unione.

Un fenomeno epocale come quello delle migrazioni può essere gestito in modo ordinato - e coerente con il diritto internazionale - soltanto attraverso un'azione comune su più assi.

Il primo è quello della condivisione delle responsabilità relative ai migranti giunti sul territorio europeo soprattutto via mare, sia in termini di operazioni di soccorso, sia con riferimento alla successiva gestione a terra. Chi approda in uno Stato membro qualsiasi - rifugiato o migrante - va preso in carico dall'Europa nel suo complesso. E ciò richiede il superamento, non la semplice revisione, del regolamento di Dublino, attraverso l'abbandono del principio vigente dello Stato di primo approdo e l'automatica redistribuzione dei richiedenti asilo tra tutti i Paesi membri.

Il secondo asse è costituito da una piena cooperazione nel controllo delle frontiere esterne come nel contrasto del traffico di migranti e in generale alla tratta di essere umani e alla riduzione in schiavitù.

Il terzo deve essere costituito dalla creazione di campi di accoglienza, assistenza e informazione, gestiti dall'Unione e dagli Stati di transito, evitando che i migranti siano oggetto di violenze indicibili da parte dei trafficanti di esseri umani e di altri soggetti.

Il quarto consiste in un maggiore coordinamento dei sistemi nazionali di integrazione dei rifugiati e dei migranti legali, stabilendo standard minimi comuni coerenti con il diritto internazionale e i principi fondamentali dell'ordinamento europeo.

Il quinto consiste in un sostegno anche finanziario al consolidamento della pace, della democrazia e dello Stato di diritto nei partner meridionali e negli altri Paesi africani, alla loro crescita e al miglioramento delle prospettive di vita della popolazione. Per ridurre i "movimenti primari", occorre agire infatti sulle cause stesse dei flussi migratori. Un contributo importante può venire dalle iniziative di Institution building rivolte ai Parlamenti di questi paesi.

La Camera e il Senato italiani stanno concludendo, insieme all'Assemblea Nazionale e al Senato francesi in collaborazione con altri Parlamenti europei, un progetto triennale di gemellaggio europeo volto a rafforzare la capacità amministrative del Parlamento tunisino, in particolare per l'attuazione della Costituzione del 2014.

Si tratta di progetti virtuosi, ed è per questo che sto lavorando ad analoghe forme di cooperazione tra la Camera dei deputati e le assemblee legislative di Paesi del Corno d'Africa o del Sahel. Occorrono quindi nuovi finanziamenti per avviare ulteriori progetti in questo campo.

Credo, cari colleghi, che, più in generale, il prossimo quadro finanziario debba riflettere le priorità che ho richiamato.

Ciò anzitutto mediante il mantenimento dell'attuale proporzione nella destinazione delle risorse finanziarie dello Strumento europeo di vicinato, per due terzi ai vicini meridionali ed un terzo ai vicini orientali.

Ma anche mediante un incremento degli stanziamenti relativi alla gestione del fenomeno migratorio. La dotazione proposta - 35 miliardi per tutto il periodo 2021 -2027 - non mi sembra sufficiente, considerando che circa i due terzi di tali risorse sarebbero destinate al controllo delle frontiere esterne. L'entità e la distribuzione degli stanziamenti riservati alla gestione dei flussi migratori riflettono il paradigma che assumiamo: quello deteriore, e illusorio, del "No Way", oppure quello della gestione responsabile, solidale e lungimirante. Quale Europa vogliamo essere?

Si tratta di temi decisivi per il futuro del nostro continente. Su cui mi aspetto che tutte le forze politiche e gli "Spitzenkandidaten" dicano con chiarezza quali sono i loro programmi in vista delle prossime elezioni europee.

E' necessario dare maggiore spazio nel dibattito elettorale all'azione esterna dell'Unione, la quale sempre di più dev'essere in grado di parlare con una voce sola e, quindi, più forte. Confrontiamoci sulla possibilità che l'Unione abbia una rappresentanza unitaria nelle organizzazioni internazionali, come già prospettato dai trattati vigenti. A cominciare da un seggio permanente europeo in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in sostituzione di quello riconosciuto a singoli Paesi membri.

Ancora, che tipo di relazioni intendiamo stabilire con la Russia? Lo scorso mese ho preso la parola innanzi alla Duma russa sottolineando l'esigenza di una posizione unitaria dell'Unione. Posizione che presuppone una riflessione approfondita sull'assetto del nostro Continente, sulle modalità dei prossimi allargamenti dell'Unione, sui rapporti tra l'Unione e la Nato e fra questi ultimi e la Russia.

E considerazioni analoghe valgono per i rapporti con la Cina. Nel memorandum sulla "Nuova Via della seta" è stato scritto, nero su bianco, che l'operato dell'Italia si sarebbe inserito solo nella cornice di principi, valori, norme europei. Ho ribadito questo concetto al Presidente Xi Jinping nel nostro recente incontro.

Ed è importante affermare effettivamente nelle relazioni esterne il nucleo della nostra identità europea, che consiste appunto nel rispetto dei diritti fondamentali. È ciò che ho voluto esprimere nella lettera che ho inviato a tutti voi sul caso di Giulio Regeni, ricercatore europeo torturato, sequestrato e ucciso in Egitto. Da tre anni chiediamo all'Egitto verità su sé stesso e sui suoi apparati di sicurezza, alcuni dei cui membri sono stati iscritti nel registro degli indagati da parte della magistratura italiana.

Un salto di qualità nel processo di integrazione politica passa attraverso la nostra capacità di superare gli egoismi nazionali. Di non guardare esclusivamente alle scadenze elettorali. Di avere una visione lungimirante. Una visione che non può che portare ad una azione esterna realmente condivisa e comune dell'Unione.


Collegamento al video dell'intervento del Presidente Fico durante la II sessione della Conferenza.