20/06/2019
Montecitorio, Sala della Regina

Partecipazione alla presentazione della Relazione annuale ISTAT

Buongiorno a tutti e a tutte.

Saluto e ringrazio il Presidente Gian Carlo Blangiardo, il Ministro per la Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno e le altre autorità presenti.

La presentazione del Rapporto annuale dell'Istat è divenuta un appuntamento fondamentale per tracciare un quadro sullo stato e le prospettive economiche e sociali del nostro Paese.

La relazione, infatti, come negli anni precedenti, non offre soltanto un ritratto articolato del Paese ma contiene preziose chiavi di interpretazione dei bisogni e delle aspettative dei cittadini e delle grandi dinamiche che dobbiamo affrontare.

Costituisce dunque una base di conoscenza utile per guidare le scelte politiche e legislative del Parlamento e del Governo e - più in generale - di tutti gli attori che concorrono a formare e ad attuare le politiche pubbliche.

Quest'anno, il rapporto offre una lettura integrata degli aspetti che riguardano competitività e crescita, nonché benessere, equità e sostenibilità.

Si tratta di un approccio apprezzabile perché tiene conto non solo dell'andamento del PIL e degli altri indicatori macroeconomici e di finanza pubblica ma anche di tutti gli altri fattori che concorrono alla misurazione dello sviluppo equo e sostenibile, in coerenza con l'Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Se volgiamo lo sguardo verso la nostra economia vediamo con chiarezza l'impatto negativo del protezionismo portato avanti da alcuni grandi Paesi, anche al fine di salvaguardare produzioni energivore e l'utilizzo di fonti non rinnovabili, in una logica di difesa di un modello economico lineare non più compatibile con l'Agenda 2030.

Credo invece sia preziosa e condivisibile la scelta della BCE, preannunciata dal presidente Draghi, di adottare nuove misure di stimolo monetario a fronte della debolezza persistente dell'economia europea. L'economia europea non può dipendere soltanto dalle esportazioni; c'è la necessità di promuovere la domanda, a livello europeo e nazionale, ed in particolare gli investimenti ad alto valore aggiunto, orientati ad una transizione verso un modello di sviluppo sostenibile.

La relazione fornisce un quadro articolato e denso di implicazioni anche con riguardo all'andamento dell'occupazione che registra una ripresa, senza tuttavia che siano state superate del tutto le vulnerabilità e i divari che si erano acuiti durante la recessione.

Particolare preoccupazione destano i divari generazionali e territoriali.

La ripresa nel Centro-nord è stata per esempio trainata dalle professioni qualificate, tornate ai livelli pre-crisi, mentre nel Mezzogiorno la dinamica positiva degli ultimi anni ha riguardato soprattutto le professioni non qualificate.

Sono dati che fotografano un inaccettabile ritardo di sviluppo del Sud. E che richiamano le istituzioni alla definizione di una politica per il Mezzogiorno dotata di obiettivi e risorse chiare e adeguate, soprattutto attraverso una migliore spesa dei fondi strutturali dell'Unione europea.

Un ulteriore aspetto importante, su cui da diversi anni ISTAT pone giustamente l'accento, riguarda il quadro demografico, caratterizzato dal calo delle nascite e dall'invecchiamento della popolazione.

Come evidenziato nel Rapporto questi cambiamenti ridurranno progressivamente, già nel medio termine, la popolazione in età lavorativa, con possibili ricadute negative sul potenziale di crescita economica e sulla qualità del capitale umano disponibile. Ben noti sono inoltre gli effetti di questi andamenti demografici sul livello e sulla struttura della spesa per il welfare.

Rispetto al calo demografico emerge quindi l'esigenza di rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione dei progetti di vita dei giovani.

Una specifica considerazione la merita il sistematico deflusso di giovani dai 20 ai 34 anni con livello di istruzione medio-alto dalle regioni del Mezzogiorno verso il Centro-nord e dall'Italia verso l'estero.

Si tratta della ben nota "fuga di cervelli" che impoverisce drammaticamente il capitale umano del nostro Paese. E ne mette a rischio il futuro. Dobbiamo creare le condizioni, nel mercato del lavoro come nella ricerca e nelle università, per incentivare i nostri talenti a rimanere o a rientrare dopo esperienze qualificanti all'estero.

A ciò si aggiunge l'aggravarsi delle disuguaglianze, tra uomini e donne, tra territori, tra persone con diverso livello di istruzione, tra le generazioni. Nel nostro Paese in sostanza la bassa crescita si è accompagnata a una maggiore diseguaglianza, solo parzialmente limitata dall'intervento pubblico. Si tratta di una spirale negativa che occorre interrompere attraverso opportune misure di sostegno alle categorie più fragili o comunque svantaggiate della popolazione

ISTAT ci ricorda inoltre che in Italia sono stati conseguiti importanti risultati rispetto al percorso verso uno sviluppo sostenibile sul piano ambientale e sociale. Risultati misurati dagli indicatori di benessere equo e sostenibile, o testimoniati da altri dati poco noti.

Sottolineo che il valore aggiunto delle "ecoindustrie", nel 2017 è stato pari a 36 miliardi di euro e al 2,3 % del Pil, con una tendenza alla crescita superiore a quella media dell'economia.

Infine, il Rapporto ha il merito di porre in rilievo i punti di forza e il potenziale su cui il nostro Paese può costruire una strategia di rilancio, a partire dal capitale territoriale del Paese, in particolare le attività culturali, creative e del turismo.

Molto importante in questa prospettiva è che gli aspetti legati alla sostenibilità ambientale e alla responsabilità sociale sono sempre più spesso considerati dalle imprese come fattori strategici che possono contribuire a migliorarne la competitività e rafforzarne i legami con il territorio, con ricadute positive sul benessere della comunità in cui esse operano. Elementi positivi che vanno sottolineati.

Credo in conclusione che una lettura complessiva di questi dati conferma come il rilancio del nostro Paese passi per la definizione di una strategia di sviluppo e occupazione sostenibile e duratura.

Una strategia capace di utilizzare tutto il potenziale di crescita inespresso senza lasciare indietro nessun territorio, nessuna delle categorie più fragili della popolazione.

Vi ringrazio.