10/07/2019
Montecitorio, Sala della Regina

Partecipazione alla presentazione della Relazione annuale INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale)

Buongiorno a tutti e a tutte.

Saluto e ringrazio il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, il Vicepresidente Luigi Di Maio, il Presidente dell'INPS, Pasquale Tridico, e le altre autorità presenti.

La relazione annuale dell'INPS è l'occasione per riflettere sulle condizioni attuali e sulle prospettive dello stato sociale nel nostro Paese.

Offre infatti elementi essenziali per valutare la capacità di fornire risposte ai bisogni e ai diritti dei cittadini attraverso strumenti classici, come appunto le pensioni, o di recente introduzione, come il Reddito e la pensione di Cittadinanza, gestiti da INPS.

Le indicazioni fornite possono dunque essere una fonte di conoscenza fondamentale per attuare scelte politiche e legislative secondo una logica di lungo periodo, non legata alle scadenze elettorali. Ciò sia sul versante finanziario, in quanto consente di comprendere i reali andamenti della spesa pensionistica e di quella assistenziale, sia sul merito degli strumenti necessari a dare concreta ed efficace attuazione al dettato costituzionale. A partire dal dovere inderogabile di solidarietà e al principio di eguaglianza sostanziale.

Vorrei brevemente soffermarmi su alcuni spunti di riflessione che, a mio avviso, Parlamento e Governo devono porre al centro della loro azione, anche in vista della sessione di bilancio autunnale, in quanto colgono tendenze e criticità del nostro sistema produttivo e sociale.

Ho molto apprezzato, in questa prospettiva, la scelta di concentrare quest'anno la relazione sull'analisi delle diseguaglianze prodotte, o meglio aggravate, dalla crisi economica.

Diseguaglianze che attengono anzitutto al mercato del lavoro. INPS conferma alcune tendenze positive: crescita del tasso di occupazione, che ha superato a maggio il livello pre-crisi. E inversione di tendenza - anche per effetto di alcuni provvedimenti assunti in questa legislatura, come il decreto legge Dignità - del fenomeno della precarizzazione del lavoro, con un aumento considerevole di contratti a tempo indeterminato e di trasformazioni.

Al tempo stesso la relazione riconosce che permangono gravi criticità nel nostro mercato del lavoro: la bassa intensità del lavoro, soprattutto il part time involontario; la sempre più elevata distanza tra chi percepisce bassi salari - prevalentemente i giovani sotto i 34 anni con lavori meno qualificati - e chi percepisce invece retribuzioni elevate, svolgendo lavori qualificati. Poi i divari territoriali: nel Mezzogiorno il tasso di disoccupazione è quasi doppio rispetto alla media nazionale avvicinandosi al 20%. Inoltre, mentre la domanda di lavoro cresce di oltre il 2% al Nord, al Sud è negativa nelle isole e in Calabria, e raggiunge al massimo l'1% in Campania. In queste regioni c'è un chiaro "fallimento del mercato" che richiede misure aggiuntive e specifiche di stimolo della occupazione.

Queste criticità riflettono essenzialmente le debolezze e i ritardi che hanno caratterizzato il nostro sistema economico negli anni, in particolare l'inadeguato sviluppo di settori ad elevata produttività in grado di offrire posti di lavoro qualificati, meglio pagati e a tempo pieno. Abbiamo bisogno di maggiori investimenti pubblici e privati soprattutto in ricerca e sviluppo nei settori innovativi, come quelli connessi all'economia circolare e alla transizione a tecnologie e produzioni sostenibili. Ed occorre inoltre destinare risorse alla formazione di qualità dei lavoratori e degli stessi imprenditori.

Il rapporto sviluppa quindi una riflessione molto articolata sulla possibile riduzione degli orari di lavoro, un tema su cui esistono posizioni fortemente differenziate ed analisi contrastanti, anche alla luce della esperienza di altri Paesi europei, che merita tuttavia una considerazione più approfondita.

Una forte attenzione è dedicata poi al salario minimo legale, oggetto, come è noto, di specifiche proposte iniziative legislative. Non intendo, per il mio ruolo istituzionale, intervenire sul merito delle diverse soluzioni prospettate.

Credo tuttavia molto importante considerare con attenzione diversi dati che emergono dall'analisi. Anzitutto quello numerico: INPS ci dice che, su un totale di 14,9 milioni di rapporti di lavoro, il 29% (4,3 milioni) si colloca sotto le soglie minime di salario orario considerate dalle proposte di legge sinora presentate (tra gli 8 e i 9 euro).

INPS ci ricorda poi come l'esigenza di un salario minimo stabilito dalla legge sia stata trascurabile fino a qualche anno fa, in quanto la contrattazione collettiva - forte e centralizzata - ha di fatto garantito ai lavoratori dipendenti il diritto a livelli retributivi minimi, sia pure variabili a seconda del settore produttivo. Questa capacità si è tuttavia indebolita negli ultimi tempi
per effetto dell'aziendalizzazione delle relazioni di lavoro nonché della diffusione dei contratti "pirata", sottoscritti da nuove organizzazioni sindacali e datoriali di scarsa capacità rappresentativa che fissano condizioni inferiori rispetto ai contratti collettivi nazionali maggiormente applicati.

E infine INPS ci ricorda che il salario minimo legale è uno degli strumenti di contrasto al lavoro povero adottato in molti paesi europei.

Obiettivo del legislatore deve essere quello di dare piena attuazione a quanto stabilito dalla Costituzione: "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa".

Un secondo grande ambito di riflessione attiene alla quota di popolazione in povertà assoluta e alle gravi differenze territoriali che si registrano anche in questo ambito.

INPS si riserva giustamente di valutare l'effetto conseguente della introduzione del Reddito e della pensione di cittadinanza che dovrebbe comportare la riduzione della "povertà assoluta" e del cosiddetto "poverty gap", che esprime la distanza media di tutti gli individui presenti nella popolazione dalla soglia di povertà.

Ribadisco in ogni caso che deve rimanere costante l'impegno delle Istituzioni perché nessuno rimanga indietro e sia lasciato solo. E certamente INPS può costituire il perno di una nuova strategia pubblica in questo senso.

Un terzo ambito approfondito dal rapporto è quello degli andamenti demografici. A natalità e flussi migratori invariati la popolazione italiana passerà dagli attuali 60 milioni di residenti a circa 46 milioni nel giro dei prossimi quarant'anni.

Una delle principali sfide dei prossimi anni sarà quella di sostenere le famiglie con figli promuovendo i servizi dell'infanzia, la conciliazione tra lavoro e vita familiare e una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro, soprattutto al Sud.

Molte delle questioni esaminate nella relazione richiedono una riflessione approfondita sulla modernizzazione del nostro sistema nazionali di welfare. Una modernizzazione nel segno di una maggiore attenzione per le questioni relative alla solidarietà tra generazioni, specie nel mercato del lavoro e in materia pensionistica, e al riequilibrio territoriale.

Ma molte di queste - il dualismo tra i lavoratori più garantiti e meglio retribuiti e quelli precari e con bassi salari, i divari territoriali, le delocalizzazioni, l'adattamento dell'occupazione alla trasformazione produttiva e all'innovazione ed anche misure come il sostegno in caso di disoccupazione e il salario minimo - richiederebbero a mio avviso una risposta comune a livello europeo.

Sono infatti convinto che il mercato unico e soprattutto la moneta unica non possano funzionare in modo equilibrato ed efficace in assenza di standard sociali comuni e vincolanti. Vale a dire senza la garanzia di un livello comune di tutela di diritti sociali, che prevenga ogni forma di concorrenza al ribasso tra i Paesi membri. E che imponga alla osservanza dei parametri economici e di finanza pubblica il limite della sostenibilità sociale.

Sono già state avanzate in varie sedi proposte e impegni, come quelle di stabilire regole comuni per il calcolo del salario minimo legale.

Auspico che la legislatura europea che si è appena aperta consideri prioritari questi temi, con l'obiettivo di attribuire all'Europa una tripla A sociale e non solo finanziaria.

Vi ringrazio.