10/02/2020
Senato della Repubblica, Aula di Palazzo Madama

Cerimonia commemorativa del ‘Giorno del Ricordo’

Buongiorno a tutte e a tutti.

Saluto il Presidente del Senato, il Presidente del Consiglio, le autorità e tutti i presenti.

Saluto i ragazzi e gli insegnanti che hanno partecipato anche quest'anno al concorso bandito dal Ministero dell'Istruzione e che saranno premiati oggi.

Rivolgo infine un saluto particolare al Presidente Ballarin e ai rappresentanti di tutte le Associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati che ringrazio per il loro impegno costante e infaticabile a perseguire l'obiettivo che è alla base della ricorrenza odierna.

La legge che ha istituito questa giornata ha inteso conservare e rinnovare la memoria di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo Dopoguerra e della vicenda del confine orientale.

Oggi riaffermiamo che quelle pagine drammatiche di storia appartengono a tutti gli italiani e sono pertanto parte integrante della coscienza civile della intera comunità nazionale.

Celebrando il Giorno del Ricordo non diamo tuttavia solo attuazione ad una legge, ma compiamo un atto fondamentale di giustizia e di verità.

Per lunghi decenni è calato il silenzio sulle migliaia di italiani uccisi dalle autorità comuniste jugoslave e sul fatto che le vittime non erano soltanto i membri dell'apparato repressivo nazifascista ed elementi collaborazionisti, ma anche membri delle forze dell'ordine italiane, partigiani che non accettavano l'egemonia jugoslava, e soprattutto semplici cittadini inermi. Erano persone.

Allo stesso modo è stata dimenticata la triste sorte di migliaia di persone costrette a fuggire dalle loro case, dalla terra in cui erano nate e vissute. Private della loro dignità e dei loro diritti umani fondamentali.

Un silenzio che ha avvolto spesso pure le persecuzioni degli italiani rimasti, condotte dalle autorità jugoslave anche dopo la fine della guerra, fino agli anni Cinquanta.

Queste vicende sono state in sostanza confinate - ingiustamente - nella memoria privata degli esuli e dei loro discendenti.

Ciò ha compromesso il riconoscimento delle responsabilità storiche. E ha contribuito a rendere più profonde le ferite lasciate da quei terribili eventi e ancor più difficile la riconciliazione.

Le Istituzioni e tutti i cittadini hanno dunque il compito di continuare a tenere vivo il ricordo di quanto avvenuto al confine orientale del nostro Paese e di promuovere la ricostruzione e la divulgazione storica, in particolare tra le nuove generazioni.

E di rigettare senza esitazioni le tesi negazioniste o giustificatorie, purtroppo ancora presenti.

La deprecabile politica di italianizzazione forzata delle popolazioni slave condotta dal fascismo, la dura repressione e gli atti criminali compiuti dalle forze nazifasciste nella Jugoslavia non possono essere in alcun modo considerate quale giustificazione delle atrocità commesse contro gli italiani inermi.

Lo dico con la forza e l'autorevolezza che ci dà la Costituzione che si fonda proprio sulla resistenza e sui valori antifascisti.

Il Giorno del Ricordo è dunque un monito sulle degenerazioni, le atrocità, i crimini contro l'umanità, alle quali possono condurre i conflitti, gli estremismi ideologici e nazionalistici, i totalitarismi, l'odio etnico e di classe.

Un monito quanto mai importante ed attuale a fronte del riemergere dell'intolleranza, dell'odio, anche di matrice etnica, e di nazionalismi aggressivi e pericolosi.

In questa chiave, è necessario ribadire il nostro impegno per il dialogo, la cooperazione e la solidarietà tra Paesi e il ripudio dei conflitti e degli egoismi nazionali.

Nell'istituire la Giornata del Ricordo il Parlamento scelse la data del 10 febbraio, giorno in cui nel 1947 fu firmato a Parigi il Trattato di pace tra l'Italia e le forze alleate che lasciò irrisolte molte questioni relative al confine orientale.

Oggi quel metodo, quella logica sono stati superati grazie al processo di integrazione europea: l'Italia e i Paesi della ex Jugoslavia con cui condividiamo il confine orientale, Slovenia e Croazia, sono tutti membri dell'Unione.

Sono parte di un percorso che ha garantito il più lungo periodo di pace nella storia del continente. Hanno valori e principi comuni, incentrati sul rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto, sulla protezione delle minoranze, sulla pace e sul ripudio della guerra.

E non a caso le terre lungo il confine orientale, teatro delle vicende che oggi ricordiamo, sono oggi un luogo di dialogo, di interazione non solo economica ma anche culturale.

È questo dunque il modo migliore per lenire le ferite del passato e per prevenire che si ripetano gli orrori delle foibe. Ed è questo l'esempio che ci hanno fornito in questi anni le Associazioni degli esuli Istriani, Fiumani e Dalmati.

A voi - che vi siete impegnati con tenacia nella ricerca della verità e nella conservazione della memoria, in coerenza con i valori della democrazia, della pace e del dialogo - va la nostra gratitudine.

Vi ringrazio.