22/11/2021
Camera dei deputati, Aula del Palazzo dei Gruppi Parlamentari

Intervento del Presidente al convegno "La Convenzione di Istanbul dieci anni dopo" in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne

Buongiorno a tutte e a tutti,

saluto la Ministra Bonetti, il Presidente Daems, i colleghi e le colleghe parlamentari, tutti i relatori presenti.

Saluto e ringrazio vivamente la Presidente Boldrini, la Vicepresidente Spadoni e tutte le deputate dell'Intergruppo donne per aver promosso l'iniziativa odierna che lega la celebrazione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne al decimo anniversario della firma della Convenzione di Istanbul: una pietra miliare di grandissimo valore giuridico e simbolico.

È stato infatti il primo strumento internazionale con effetti vincolanti volto alla definizione di un quadro globale e integrato per la protezione delle donne contro qualsiasi forma di violenza, nonché per la cooperazione in materia tra Paesi ed organizzazioni sovranazionali.

A distanza di dieci anni dalla firma è quanto mai opportuno fare un bilancio della sua attuazione e, più in generale, di quanto è stato fatto e resta da fare per combattere la violenza di genere.

In questi anni si è lavorato per rafforzare gli strumenti giuridici per la prevenzione ed il contrasto della violenza contro le donne, un tema che ha assunto una evidente centralità nel dibattito pubblico.

La ratifica nel 2013 della Convenzione da parte del nostro Paese è stata seguita da un decreto-legge che vi ha dato attuazione e ha stabilito l'adozione del Piano d'azione straordinario contro la violenza di genere.

Sono state poi introdotte disposizioni per l'indennizzo delle vittime o degli altri aventi diritto, riconoscendo un maggiore ristoro ai figli della vittima di omicidio commesso dal coniuge/partner.

Nel 2019 è stato quindi approvato il "Codice Rosso", al fine di rafforzare le tutele processuali delle vittime di reati violenti.

Le due Camere hanno poi riservato un'attenzione crescente alla violenza di genere e, in generale, alle pari opportunità.

A fronte di questo impegno costante, il fenomeno della violenza sulle donne registra purtroppo livelli gravi ed efferati. I recenti dati ci dicono che dall'inizio dell'anno, sono state uccise nel nostro Paese in ambito familiare/affettivo 86 donne, 60 di queste sono state vittime del partner o ex partner.

Questi dati ci confermano che è soprattutto tra le mura domestiche che le donne rischiano di subire violenza, come peraltro è successo più di frequente durante il periodo di confinamento imposto dalla pandemia.

Purtroppo siamo di fronte ad un fenomeno di carattere strutturale e non emergenziale: le donne uccise in ambito familiare/affettivo sono state 111 nel 2018, 94 nel 2019 e 99 nel 2020. Quasi una vittima ogni 3 giorni e mezzo.

Dobbiamo pertanto chiederci oggi che cosa dobbiamo e possiamo fare per contrastare questa piaga grave ed inaccettabile. E dobbiamo chiedercelo, vista la sede in cui ci troviamo, anzitutto con riferimento al ruolo del Parlamento.

A questo riguardo voglio in via preliminare ribadire che il Parlamento non ha soltanto funzioni legislative, di indirizzo e controllo. È anche - e deve essere sempre più - una Istituzione culturale, una Istituzione pensante, capace di conoscere in profondità i fenomeni e impegnata a definire soluzioni adeguate.

Ciò è più che mai necessario a fronte della violenza di genere: che ha complesse radici di carattere economico, sociale e culturale e richiede pertanto risposte combinate.

In particolare gli stereotipi e i pregiudizi sono l'humus che alimenta le discriminazioni e la violenza ai danni delle donne. E non possono essere sradicati soltanto attraverso le leggi.

Dobbiamo certamente dare piena attuazione agli istituti introdotti negli ultimi anni. Ma la vera via per vincere la battaglia contro la violenza di genere è quella di rimuovere le condizioni che rendono le donne vulnerabili e che favoriscono la permanenza di stereotipi. Occorre educare al rispetto abbattendo con strumenti culturali adeguati la mentalità e i meccanismi di una società ancora profondamente maschilista.

A questo scopo, credo che il Parlamento abbia un ruolo centrale nel promuovere tre grandi tipologie di intervento.

La prima consiste nel colmare i divari di genere nel mondo del lavoro che nel nostro Paese restano drammatici.

Abbiamo oggi un mezzodecisivo: il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza, come sapete, include la parità di genere tra le sue tre priorità trasversali, individuando misure concrete promuovere una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro.

Ricordo peraltro che, per contribuire attivamente a questo percorso la Camera si è dotata dallo scorso marzo di un importante strumento: l'analisi di genere dei progetti di legge, di iniziativa parlamentare, avviata dal Servizio Studi a seguito di un ordine del giorno presentato dalla Vicepresidente Spadoni. Un'innovazione che permette di verificare ex ante in che modo un intervento normativo può incidere sulla parità tra uomini e donne.

Un secondo importante ambito di intervento attiene alla sfera educativa e culturale e quindi al contributo che le Istituzioni possono dare per superare, nel dibattito pubblico, gli stereotipi di genere e prevenire discriminazioni e violenza.

C'è bisogno anche in questo ambito di un impegno netto, qualificato e diffuso, che non si limiti ad affermazioni generiche ma ribadisca il rispetto pieno e incondizionato della dignità delle donne. E che con fermezza affermi che, al di là dei profili di rilievo penale, nessuna pratica che offende la dignità o la libertà delle donne può essere tollerata e trovare spazio.

Dobbiamo continuare a lavorare avendo sempre come riferimento l'appartenenza di tutti noi, uomini e donne, ad una unica comunità, che condivide gli stessi valori, le stesse libertà e diritti, inclusa la parità di genere.

Il terzo ed ultimo ambito di intervento concerne l'azione esterna del nostro Paese e dell'Unione europea. Il Parlamento deve adoperarsi perché la parità di genere e in generale i diritti umani diventino, nelle relazioni con i Paesi terzi, di qualsiasi area del globo, un valore non negoziabile.

Voglio concludere questo intervento rivolgendo un pensiero alla tennista cinese Peng Shuai. La sua vicenda ci ricorda che abbiamo tutti il dovere di ascoltare una donna che denuncia violenze, in qualunque parte del mondo.

Vi ringrazio.