Cerimonia di intitolazione della Sala Conferenze a Giacomo Matteotti
Salutotutti i colleghi parlamentari presenti.
Saluto il Presidente dell'Associazione delle istituzioni di cultura italiane Valdo Spini e i rappresentanti di alcuni dei sottoscrittori dell'appello ad intitolare uno spazio della Camera a Giacomo Matteotti, in vista del centenario della sua scomparsa che si celebrerà nel 2024.
Vi ringrazio molto per la vostra proposta. Non è stata casuale la scelta di intitolare a Matteotti questa sala: qui, più di ogni altro luogo alla Camera, si svolgono ogni giorno iniziative aperte al pubblico, momenti di confronto, dialogo ed espressione di idee e progetti.
Abbiamo deciso così di mantenere viva la memoria di un uomo che resta un simbolo di lotta per la libertà e la democrazia, di ferma opposizione alla violenza, di sacrificio per il bene comune.
E la cui vicenda umana e politica trovò il culmineproprio alla Camera.
Matteotti si distinse sin da giovanissimo per il suo instancabile impegno politico. Il suo socialismo si fondava su una conoscenza profonda della concreta realtà sociale, maturata soprattutto attraverso il contatto diretto con le dure condizioni di vita nel Polesine.
Matteotti si adoperò in particolare per promuovere la scolarizzazione delle popolazioni rurali, per valorizzare il ruolo degli enti locali e sostenne l'azione di cooperative, leghe e sindacati della sua terra.
Eletto deputato non ancora trentacinquenne, nel 1919, si distinse anzitutto per la solida e rigorosa base di conoscenza sulla quale fondava le sue argomentazioni. Frequentava assiduamente la Biblioteca della Camera per acquisire dati ed altri elementi a questo scopo.
Rieletto nel 1921 e nel 1924, si oppose, nelle aule parlamentari e con i suoi scritti, con fermezza e coraggio, all'emergere del fascismo. Ne denunciò, prima ancora che si consolidasse in regime, il ricorso sistematico alla violenza e all'intimidazione.
Diede così voce, a fronte della paura e del disorientamento diffusi nel Paese e in larga parte delle istituzioni, a tutti coloro che non intendevano rassegnarsi alla sopraffazione fascista, alla negazione dello stato di diritto e della legalità.
In coerenza conquesto impegno, esattamente 98 anni fa, il 30 maggio 1924, pronunciò nell'Aula della Camera il suo ultimo discorso.Matteotticontestò, nonostante le continue interruzioni, la correttezza dei risultati delle elezioni svoltesi nell'aprile precedente e formulò un durissimo atto d'accusa contro lo squadrismo fascista.
Fu quella una delle pagine più alte della storia parlamentare italiana. Matteotti non si limitò infatti a denunciare la violenza prevaricatrice del fascismo. Ma disegnò una precisa strategia di battaglia parlamentare che avrebbe inchiodato ogni giorno in aula gli esponenti del governo fascista a rendere conto del loro operato.
In tal modo, il Parlamento avrebbe assolto alla sua funzione di tribuna di fronte all'opinione pubblica. Per il regime, sarebbe stato un quotidiano banco di prova impossibile da sostenere.
L'assassinio di Matteotti, pochi giorni dopo, stroncò sul nascere questa prospettiva e segnò la definitiva involuzione dittatoriale del Paese.
La sua vita e la sua morte ne fecero un'icona della opposizione alla dittatura. I suoi ritratti fotografici continuarono a circolare clandestinamente durante il fascismo. Il suo nome fu assunto da molte brigate partigiane.
Il riformismo socialista di Matteotti aveva un respiro europeo. Il suo motto era "costruire il socialismo dentro di noi", perché riteneva che la giustizia sociale non si sarebbe instaurata grazie alla sola lotta di classe, ma attraverso l'educazione e la militanza dei contadini e degli operai "per toglierne i sentimenti egoistici e prepararli al socialismo".
Nel 1944, poche settimane dopo la Liberazione di Roma, l'Ufficio di Presidenza della Camera decise di dedicare un busto a Matteotti e ad altri due deputati vittime del fascismo, Amendola e Gramsci. Il 10 giugno del 1945, nel ventunesimo anniversario del rapimento si svolse poi a Montecitorio una solenne commemorazione.
La sua eredità morale fu raccolta dai figli, Giancarlo e Matteo, eletti all'Assemblea costituente e poi al Parlamento repubblicano.
Mi avvio alla conclusione ribadendo che nella storia del Parlamento italiano Giacomo Matteotti costituisce, al di là delle appartenenze politiche e ideologiche, l'esempio più limpido della difesa delle istituzioni rappresentative come presidio della libertà. Della responsabilità di adempiere al mandato elettorale in nome e per conto della fiducia ricevuta dai cittadini.
La figura di Matteotti è esemplare per tutti, parlamentari, rappresentanti delle Istituzioni e cittadini
E ci aiuta a ricordare che la democrazia e le libertà di cui oggi godiamo sono il frutto del sacrificio di chi lottò contro la dittatura e l'occupazione nazifascista.
Sono un bene prezioso che va coltivato ogni giorno da ciascuno di noi.
Prima di dare la parola al Presidente Spini, voglio ringraziare vivamente l'attrice Elena Cotugno e il Teatro dei Borgia di Barletta per la lettura, a breve, di alcuni passaggi del discorso tenuto da Matteotti il 30 maggio del 1924.
Cerimonia di intitolazione della Sala Conferenze a Giacomo Matteotti
Saluto tutti i colleghi parlamentari presenti.
Saluto il Presidente dell'Associazione delle istituzioni di cultura italiane Valdo Spini e i rappresentanti di alcuni dei sottoscrittori dell'appello ad intitolare uno spazio della Camera a Giacomo Matteotti, in vista del centenario della sua scomparsa che si celebrerà nel 2024.
Vi ringrazio molto per la vostra proposta. Non è stata casuale la scelta di intitolare a Matteotti questa sala: qui, più di ogni altro luogo alla Camera, si svolgono ogni giorno iniziative aperte al pubblico, momenti di confronto, dialogo ed espressione di idee e progetti.
Abbiamo deciso così di mantenere viva la memoria di un uomo che resta un simbolo di lotta per la libertà e la democrazia, di ferma opposizione alla violenza, di sacrificio per il bene comune.
E la cui vicenda umana e politica trovò il culmine proprio alla Camera.
Matteotti si distinse sin da giovanissimo per il suo instancabile impegno politico. Il suo socialismo si fondava su una conoscenza profonda della concreta realtà sociale, maturata soprattutto attraverso il contatto diretto con le dure condizioni di vita nel Polesine.
Matteotti si adoperò in particolare per promuovere la scolarizzazione delle popolazioni rurali, per valorizzare il ruolo degli enti locali e sostenne l'azione di cooperative, leghe e sindacati della sua terra.
Eletto deputato non ancora trentacinquenne, nel 1919, si distinse anzitutto per la solida e rigorosa base di conoscenza sulla quale fondava le sue argomentazioni. Frequentava assiduamente la Biblioteca della Camera per acquisire dati ed altri elementi a questo scopo.
Rieletto nel 1921 e nel 1924, si oppose, nelle aule parlamentari e con i suoi scritti, con fermezza e coraggio, all'emergere del fascismo. Ne denunciò, prima ancora che si consolidasse in regime, il ricorso sistematico alla violenza e all'intimidazione.
Diede così voce, a fronte della paura e del disorientamento diffusi nel Paese e in larga parte delle istituzioni, a tutti coloro che non intendevano rassegnarsi alla sopraffazione fascista, alla negazione dello stato di diritto e della legalità.
In coerenza con questo impegno, esattamente 98 anni fa, il 30 maggio 1924, pronunciò nell'Aula della Camera il suo ultimo discorso. Matteotti contestò, nonostante le continue interruzioni, la correttezza dei risultati delle elezioni svoltesi nell'aprile precedente e formulò un durissimo atto d'accusa contro lo squadrismo fascista.
Fu quella una delle pagine più alte della storia parlamentare italiana. Matteotti non si limitò infatti a denunciare la violenza prevaricatrice del fascismo. Ma disegnò una precisa strategia di battaglia parlamentare che avrebbe inchiodato ogni giorno in aula gli esponenti del governo fascista a rendere conto del loro operato.
In tal modo, il Parlamento avrebbe assolto alla sua funzione di tribuna di fronte all'opinione pubblica. Per il regime, sarebbe stato un quotidiano banco di prova impossibile da sostenere.
L'assassinio di Matteotti, pochi giorni dopo, stroncò sul nascere questa prospettiva e segnò la definitiva involuzione dittatoriale del Paese.
La sua vita e la sua morte ne fecero un'icona della opposizione alla dittatura. I suoi ritratti fotografici continuarono a circolare clandestinamente durante il fascismo. Il suo nome fu assunto da molte brigate partigiane.
Il riformismo socialista di Matteotti aveva un respiro europeo. Il suo motto era "costruire il socialismo dentro di noi", perché riteneva che la giustizia sociale non si sarebbe instaurata grazie alla sola lotta di classe, ma attraverso l'educazione e la militanza dei contadini e degli operai "per toglierne i sentimenti egoistici e prepararli al socialismo".
Nel 1944, poche settimane dopo la Liberazione di Roma, l'Ufficio di Presidenza della Camera decise di dedicare un busto a Matteotti e ad altri due deputati vittime del fascismo, Amendola e Gramsci. Il 10 giugno del 1945, nel ventunesimo anniversario del rapimento si svolse poi a Montecitorio una solenne commemorazione.
La sua eredità morale fu raccolta dai figli, Giancarlo e Matteo, eletti all'Assemblea costituente e poi al Parlamento repubblicano.
Mi avvio alla conclusione ribadendo che nella storia del Parlamento italiano Giacomo Matteotti costituisce, al di là delle appartenenze politiche e ideologiche, l'esempio più limpido della difesa delle istituzioni rappresentative come presidio della libertà. Della responsabilità di adempiere al mandato elettorale in nome e per conto della fiducia ricevuta dai cittadini.
La figura di Matteotti è esemplare per tutti, parlamentari, rappresentanti delle Istituzioni e cittadini
E ci aiuta a ricordare che la democrazia e le libertà di cui oggi godiamo sono il frutto del sacrificio di chi lottò contro la dittatura e l'occupazione nazifascista.
Sono un bene prezioso che va coltivato ogni giorno da ciascuno di noi.
Prima di dare la parola al Presidente Spini, voglio ringraziare vivamente l'attrice Elena Cotugno e il Teatro dei Borgia di Barletta per la lettura, a breve, di alcuni passaggi del discorso tenuto da Matteotti il 30 maggio del 1924.