06/03/2019
Montecitorio, Sala della Regina

Saluto introduttivo all'evento 'Donne, pace e sicurezza: verso i 20 anni della Risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza Onu'

Buongiorno a tutte e a tutti.

Saluto e ringrazio la Presidente della commissione Esteri Marta Grande e l'Ambasciatrice del Canada, Alexandra Bugailiskis per aver promosso questa iniziativa.

Saluto le altre relatrici e le deputate e i deputati presenti. Voglio rivolgere un saluto particolare, per il suo coraggio e per l'impegno a favore dei diritti delle donne, a Lamya Haji Bashar, sopravvissuta all'ISIS e vincitrice del Premio Sakharov per la libertà di pensiero 2016.

Sono molto felice che quest'anno la Camera celebri la Giornata Internazionale della Donna con una riflessione specifica sul contributo femminile al ristabilimento della pace nonché alla tutela, negli scenari di crisi, dei diritti umani, della giustizia e dello sviluppo.

Si tratta infatti di un tema quanto mai attuale che consente di declinare in modo concreto i principi in materia di parità di genere iscritti nella nostra Costituzione e nei trattati europei ed internazionali.

Occorre infatti riconoscere, per un verso, che le guerre e i conflitti hanno un impatto generalmente più marcato e spesso atroce sulle donne e sulle bambine, soprattutto in alcune regioni. E che dunque esse hanno bisogno di misure di protezione specifiche.

Per altro verso, le donne possono assicurare uno straordinario valore aggiunto nella prevenzione e risoluzione delle crisi nazionali o internazionali. E devono dunque essere sempre più coinvolte, ad ogni livello, in questo ambito.

E' questo l'approccio cui si è ispirata la risoluzione approvata all'unanimità dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU il 31 ottobre del 2000.

Quella risoluzione ha avuto appunto il merito di considerare per la prima volta in modo esplicito le diverse implicazioni della guerra per le donne. A questo scopo ha impegnato gli Stati a prevedere una maggiore partecipazione femminile nei processi di mantenimento della pace e della sicurezza nazionale; a combattere la violenza sulle donne negli scenari di crisi; a formare il personale impegnato in questo contesto sui diritti delle donne; a promuovere, più in generale, una prospettiva di genere in tutti i settori e le attività nell'ambito della pace e della sicurezza.

Ma soprattutto la risoluzione n. 1325 ha segnato - unitamente ad altre successive - la nascita di una apposita agenda politica delle Nazioni unite sul tema "Donne, pace e sicurezza".

Un'agenda che ha indotto "a cascata" la definizione di programmi, obiettivi e strumenti per il perseguimento dei suoi obiettivi a livello nazionale e sovranazionale.

Oltre 50 Paesi, tra cui l'Italia, si sono dotati di appositi Piani di azione nazionali in materia di donne, pace e sicurezza.

Anche l'Unione europea si è impegnata in quanto tale a dare attuazione all'Agenda, dotandosi di un apposito approccio strategico poi aggiornato più volte.

Abbiamo dunque a disposizione oggi un quadro che consente di concorrere, ad ogni livello di governo, a valorizzare la dimensione di genere, negli scenari di crisi.

Come possiamo procedere concretamente in questa direzione?

Serve rafforzare l'ìimpegno dell'Italia, dell'Europa e della Comunità internazionale per la tutela dei diritti delle donne e delle bambine nelle aree caratterizzate da guerra e instabilità. Non possiamo ignorare che la violenza sessuale costituisce ancora una vera e propria atroce strategia bellica. E che, più in generale, la violenza, le discriminazioni e il traffico di essere umani, trovano terreno fertile in condizioni di conflitto e di sostanziale anarchia. Il caso delle donne migranti in Libia è purtroppo sotto i nostri occhi. E sono ben noti i casi della Siria, dell'Iraq, del Sudan.

Dobbiamo utilizzare tutti gli strumenti offerti dal diritto internazionale in questo senso. Mi riferisco in particolare alla protezione internazionale, alle convenzioni contro la riduzione in schiavitù e la tratta di esseri umani, alle forme di pressione non militare sui regimi che non garantiscono la tutela delle donne. Non possiamo voltarci dall'altra parte!

È necessario, poi, sostenere nelle aree interessate tutti gli attori - ONG, attivisti e attiviste - che agiscono per promuovere opportunità per le donne e la tutela dei loro diritti.

Quindi occorre accrescere la presenza delle donne alle operazioni di peacekeeping - militari e civili - nelle quali esse possono assicurare un grande valore aggiunto soprattutto nella pacificazione, nei rapporti con le comunità locali e nell'incoraggiare - dialogando con gli attori locali - la partecipazione delle donne alla vita pubblica.

È essenziale accrescere il numero e il ruolo delle donne mediatrici e negoziatrici che possano essere utilizzate, ad esempio con il ruolo di inviate speciali, nell'ambito dei processi di pace sostenuti dalle Nazioni Unite.

Per la stessa ragione ritengo che sia fondamentale incrementare la partecipazione delle donne nei programmi di ricostruzione post conflitto, in particolare in ambito economico e finanziario.

Concludo ribadendo il mio impegno personale e quello della Camera dei deputati per l'attuazione dell'Agenda Donne, pace e sicurezza".

Solo assicurando il pieno rispetto dei diritti delle donne e le pari opportunità potremo procedere verso un modello di società più equa e più giusta.

Vi ringrazio.